Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/262

Da Wikisource.


 [180]
Malindo vcciſe e Ardalico il fratello
     Che del conte di Fiandra erano ſigli
     E l’uno e l’altro cauallier nouello
     Fatto hauea Carlo, e aggiunto all’arme i gigl
     Pereti il giorno amèdui d’hoſtil macello
     Con gli ſtocchi tornar vide vermigli:
     E terre in Friſa hauea prometto loro
     E date hauria, ma lo vieto Medoro.

 [181]
Gl’infidiofi ferri eran vicini
     A i padiglioni, che tiraro in volta
     Al padiglion di Carlo: i Paladini
     Facendo ognun la guardia la ſua volta,
     Quando da l’empia ſtrage i ſaracini
     Traffon le ſpade, e diero a tempo volta,
     Ch’impoffibil lor par: tra ſi gran torma
     Ch no s’habbia a trouar vn ch nò dorma

 [182]
E ben che poſſan gir di preda carchi
     Saluin pur ſé, ch fanno assai guadagno:
     Oue piú creda hauer ſicuri i varchi
     Va Cloridao, e dietro ha il ſuo 9pagno:
     Vengon nel capo oue ſra ſpade & archi
     E feudi e lance in vn vermiglio ſtagno
     Giaccion poueri e ricchi, e Re e vaſſalli
     E fozzopra, con gli huomini i caualli.

 [183]
Quiui de i corpi l’horrida miſtura
     Ch piena hauea la gran cápagna itorno:
     Potea far vaneggiar la fedel cura
     De i duo 9pagni iſino al far del giorno:
     Se non trahea ſuor d’una nube oſcura
     A prieghi di Medor la Luna il corno,
     Medoro in ciel diuotamente ſiſſe
     Verſo la Luna gliocchi, e coſi diſſe.

 [184]
O ſanta Dea che da gliantiqui noſtri
     Debitamente fei detta triforme,
     Ch’in cielo: in terra: e ne l’inferno moſtri
     L’alta bellezza tua: ſotto piú ſorme,
     E ne le ſelue di Fere e di Moſtri
     Vai cacciatrice ſeguitando l’orme,
     Moſtrami oue’l mio Re giaccia ſra tanti
     Che viuendo imito tuoi ſtudi fanti.

 [185]
La Luna a quel pregar la nube aperſe
     (O foſſe caſo o pur la tanta fede)
     Bella come ſu allhor, ch’ella s’ oſſerſe
     E nuda in braccio a Endimion ſi diede,
     Con Parigi a quel lume ſi ſcoperſe
     l’un capo e l’altro, e’l mòte e’l pia ſivede
     Si videro i duo colli di lontano
     Martyre a deſtra, e Leri all’altra mano.

 [186]
Rifulſe lo ſplendor molto piú chiaro
     Oue d’Almote giacea morto il figlio:
     Medoro andò piagédo al Signor caro
     Ch conobbe il qrtier biáco e vermiglio:
     E tutto’l viſo gli bagno d’amaro
     Piato, ch n’ hauea u rio ſotto ogni ciglio
     In ſi dolci atti in ſi dolci lamenti
     Che potea ad aſcoltar fermare i venti.

 [187]
Ma con ſommeſſa voce e a pena vdita
     Non che riguardi a non ſi far ſentire
     Pere’ habbia alcun pèſier de la ſua vita,
     Piú toſto l’odia, e ne vorrebbe vſcire,
     Ma per timor che non gli ſia impedita
     l’opera pia che quiui il ſé venire,
     Fu il morto Re ſu gli homeri foſpefo
     Di tramendui, tralor partendo il peſo.