Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/411

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 [16]
Io dico ſé tre volte ſé n’ immolla
     Vn meſe inuulnerabile ſi troua,
     Oprar conuienſi ogni meſe l’ampolla
     Che ſua virtú piú termine non gioua:
     Io ſo far l’acqua, & hoggi anchor farolla
     Et hoggi anchor voi ne vedrete proua:
     E vi può (s’ io non fallo) eſſer piú grata
     Ch d’ hauer tutta Europa hoggi acqſtata

 [17]
Da voi domado in guiderdon di queſto
     Che ſu la fede voſtra mi giuriate:
     Che ne in detto ne in opera moleſto
     Mai piú farete alla mia caſtitate,
     Coſi dicendo, Rodomonte honeſto
     Fé ritornar, ch’in tanta voluntate
     Venne, ch’inuiolabil ſi faceſſe
     Che piú ch’ella non diſſe, le promeſſe.

 [18]
E ſeruaralle ſin che vegga fatto
     De la mirabil’acqua eſperientia:
     E sſorzeraſſe intanto a non fare atto
     A non far ſegno alcun di violentia,
     Ma penſa poi di non tenere il patto:
     Perche non ha timor ne riuerentia
     Di Dio, o di fanti, e nel mancar di fede
     Tutta a lui la bugiarda Africa cede.

 [19]
Ad Iſſabella il Re d’ Algier, ſcongiuri
     Di non la moleſtar ſé piú di mille:
     Pur ch’effa lauorar l’acqua procuri
     Ch far lo può qual ſu giá Cigno e Achille
     Ella p balze e p valloni oſcuri
     Da le citta lontana e da le ville
     Ricoglie di molte herbe, e il Saracino
     Non l’abandona, e l’è ſempre vicino.

 [20]
Poi ch’in piú parti quant’ era a baſtanza
     Colfon de l’herbe, e con radici e ſenza:
     Tardi ſi ritornaro alla lor ſtanza,
     Doue quel paragon di continenza
     Tutta la notte ſpende che l’auanza
     A bollir herbe con molta auertenza,
     E a tutta l’opra e a tutti quei myſteri
     Si troua ogn’hor pſente il Re d’Algieri.

 [21]
Che producendo quella notte in giuoco
     Con quelli pochi feriti rh’eran ſeco:
     Sentia per lo calor del uicin fuoco
     Ch’ era rinchiuſo í quello a guſto ſpeco:
     Tal ſete, ch beuédo hor molto hor poco:
     Duo barili votar pieni di greco,
     C’haueano tolto vno o duo giorni inati
     I ſuoi feudieri a certi viandanti.

 [22]
Non era Rodomonte vſato al vino
     Perche la legge ſua lo vieta e danna,
     E poi che lo guſto, liquor diuino
     ('.li par miglior che’l Nectare o la Manna
     K riprendendo il rito ſaracino
     Gran tazze e pieni ſiaſchi ne tracanna,
     Fece il buon vino ch’andò ſpeffo intorno
     Girare il capo a tutti come vn torno.

 [23]
La donna in queſto mezo la caldaia
     Dal fuoco tolſe, oue quel!’ herbe coffe:
     E diſſe a Rodomonte, accio che paia
     Che mie parole al vento non ho moſſe,
     Quella che’l ver da la bugia diſpaia
     E che può dotte far le genti graſſe:
     Te ne faro P eſperientia anchora
     No ne l’altrui, ma nel mio corpo hor’ hora.