Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/50

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16 orlando furioso


 [4]
Tu te ne menti che ladrone io ſia,
     (Riſpoſe il Saracin nō meno altiero):
     Chi diceſſe a te ladro, lo diria
     (Quāto io n’odo per fama) più cō vero,
     La pruoua hor ſi vedra chi di noi ſia
     Più degno de la donna, e del deſtriero:
     Benche, quāto a lei, teco io mi cōuegna
     Che non e coſa al mondo altra ſi degna.

 [5]
Come ſoglion talhor duo can mordenti
     O per inuidia o per altro odio moſſi
     Auicinarſi: digrignando i denti
     Con occhi bieci e più che bracia roſſi:
     Indi a morſi venir di rabbia ardenti
     Con aſpri ringhi e ribuffati doſſi,
     Coſi alle ſpade e dai gridi e da l’onte,
     Venne il Circaſſo e quel di Chiaramōte.

 [6]
A piedi e l’ū, l’altro a cauallo, hor quale
     Credete ch’abbia il Saracin vantaggio?
     Ne ve n’ha perho alcun, che coſi vale
     Forſe āchor men ch’uno ineſperto paggio
     Che ’l deſtrier per iſtinto naturale
     Non volea fare al ſuo Signor̃ oltraggio,
     Ne cō man ne cō ſpron potea il Circaſſo
     Farlo a volunta ſua muouer mai paſſo.

 [7]
Quando crede cacciarlo egli ſ’arreſta:
     E ſe tener lo vuole o corre o trotta:
     Poi ſotto il petto ſi caccia la teſta:
     Giuoca di ſchiene, & mena calci in frotta
     Vedendo il Saracin, ch’a domar queſta
     Beſtia ſuperba era mal tempo allhotta
     Ferma le mā ſul primo arcione, e s’alza
     E dal ſiniſtro fianco in piede ſbalza.

 [8]
Sciolto che fu il Pagan cō leggier ſalto
     Da l’oſtinata furia di Baiardo
     Si vide cominciar ben degno aſſalto
     D’un par di cauallier tanto gagliardo:
     Suona l’un brādo e l’altro, hor baſſo, hor alto
     Il martel di Vulcano era più tardo
     Ne la ſpelunca affumicata: doue
     Battea all’incude i folgori di Gioue.

 [9]
Fanno hor cō lunghi, hora cō finti e ſcarſi
     Colpi veder, che maſtri ſon del giuoco:
     Or li vedi ire altieri, hor rannicchiarſi
     Hora coprirſi, hora moſtrarſi vn poco:
     Hora creſcer inanzi, hora ritrarſi:
     Ribatter colpi, e ſpeſſo lor dar loco
     Girarſi intorno, e donde l’uno cede
     L’altro hauer poſto immātinente il piede.

 [10]
Ecco Rinaldo con la ſpada adoſſo
     A Sacripante tutto ſ’abbandona:
     E quel porge lo ſcudo ch’era d’oſſo
     Con la piaſtra d’acciar temprata e buona:
     Taglial Fuſberta āchor che molto groſſo
     Ne geme la foreſta e ne riſuona:
     L’oſſo e l’acciar ne va cħ par di ghiaccio
     E laſcia al Saracin ſtordito il braccio.
     
 [11]
Quando vide la timida donzella
     Dal fiero colpo vſcir tanta ruina
     Per gran timor cangio la faccia bella
     Qual il reo ch’al ſupplicio ſ’auuicina,
     Ne le par che vi ſia da tardar, ſ’ella
     Non vuol di quel Rinaldo eſſer rapina
     Di quel Rinaldo ch’ella tanto odiaua
     Quanto eſſo lei miſeramente amaua.