Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/612

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 [43]
So quanto ahi laſſa debbo far, ſo quanto
     Di buona ſiglia al debito conuienſi,
     Io’l ſo ma che mi vai? ſé non può tanto
     La ragion: che no poſſino piú i ſenſi?
     S’Amor la caccia e la fa ſtar da canto,
     Ne laſſa ch’io diſpongha ne ch’io penſi
     Di me diſpor, ſé no quanto a lui piaccia
     E ſol quato egli detti io dica e faccia.

 [44]
Figlia d’ Amone e di Beatrice ſono
     E ſon miſera me, ſerua d’Amore,
     Da i genitori miei trouar perdono
     Spero e pietá s’ io cadero in errore,
     Ma s’ io oſſenderò Amor, chi fará buono
     A ſchiuarmi co prieghi il ſuo furore?
     Che ſol voglia vna di mie ſcuſe vdire
     E nò mi faccia ſubito morire?

 [45]
Ohimè con lunga & oſtinata proua
     Ho cercato Ruggier’ trarre alla fede,
     Et hollo tratto al fin’ ma che mi gioua
     Se’l mio ben fare in vtil d’altri cede?
     Coſi ma non per ſé l’Ape rinuoua
     Il mele ogni anno, e mai non lo poſſiede,
     Ma vo prima morir, che mai ſia vero
     Ch’ io pigli altro marito che Ruggiero.

 [46]
S’ io non faro al mio padre vbbidiente
     Ne alla mia madre, io faro almio fratello
     Che molto, e molto e piú di lor prudéte
     Ne gliha la troppa etá tolto il ceruello,
     E a queſto che Rinaldo vuol conſente
     Orlando anchora, e p me ho qſto e qllo,
     Li quali duo piú honora il modo, e teme
     Che P altra noſtra gente tutta inſieme.

 [47]
Se queſti il fior, ſé queſti ogn’ uno ſtima
     La gloria, e lo ſplédor di Chiaramonte,
     Se fopra glialtri ogn’u, glialza, e ſublima
     Piú che non e del piede alta la ſronte:
     Perche debbo voler, che di me prima
     Amon diſponga che Rinaldo e’l Conte?
     Voler noi debbo, tato men ch meſſa
     In dubbio al Greco, e a Ruggier, ſui pmeſſa

 [48]
Se la Donna s’ affligge e ſi tormèta
     Ne di Ruggier la mete e piú quieta,
     Ch’ anchor, che di ciò nuoua non ſi ſenta
     Per la citta: pur non e a lui ſegreta:
     Seco di ſua fortuna ſi lameta
     Laqual ſruir tanto ſuo ben gli vieta,
     Poi ch ricchezze no gli ha date, e regni
     Di che e ſtata ſi larga a mille indegni.

 [49]
Di tutti glialtri beni o che concede
     Natura al modo, o pprio ſtudio acqſta.
     Hauer tanta e tal parte egli ſi vede
     Qual’e quanta altri hauer mai s’ habbia viſta
     Ch’ a ſua bellezza ogni bellezza cede
     Ch’ a ſua poſſanza e raro chi refiſta,
     Di magnanimitá di ſplendor Regio
     A neſſun piú ch’alui ſi debbe il pregio.

 [50]
Ma il volgo nel cui arbitrio ſon gli honori r
     Ch come pare a lui li leua, e dona,
     Ne dal nome del volgo voglio ſuori
     Eccetto l’huom prudéte trar perſona:
     Che ne Papi, ne Re, ne Imperatori
     Non ne tra ſcettro, mitra, ne corona,
     Ma la prudétia, ma il giuditio buono
     Gratie che da’l Ciel date a pochi ſono.