Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/197

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Al.
Parecchiarò le tue ferite.
Cl.
Ti stirparò le palpebre da gli occhi.
Al.
Ti tagliarò la gola.
De.
Et per Giove mandandoli un palo da cocina in bocca, poi di dentro via istirpandogli la lingua, consideraremo bene e gagliardamente il culo di quello che stà con la bocca aperta, se hà male.
Co.
Le altre cose certo eran piu calde de’l fuogo, et piu impudenti de le parole sporche che si dicono nela cità. e la cosa non era così mala. ma assalta et volta, fa ogni grande cosa. perche hoggi si tiene mezzo, come l’havrai intenerito ne’l percoterlo, pauro so’l troverai, ch’io conosco i suoi gesti e usanze.
Al.
Mà pur costui si fatto essendo per tutta la sua vita, poi è paruto esser huomo maschio mietendo per la està aliena, e hora le spiche, quelle che di là hà tirate in un legno le hà legate e le secca, e le vuole rendere.
Cl.
Non hò paura di voi, mentre che’l concilio sta vivo, e la persona del popolo và giu di se sedendo.
Co.
Et molto ad ogni cosa diviene impudente, e non tramuta’l colore presente.
Cle.
Se non ti voglio male, poss’io diventare una pelle di Cratino, e siami insengnato à cantar la Trage dia di Morsimo.
Co.
O che sedi sempre su tute le cose, che sono datrici d’i doni, e ne ifiori: postu malamente, si coma hai trovato, mandar via la impositione. perche cantarei à l’hora