Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/235

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teco, per ciò che fai cose degne di questa cità, et di quel trofeo in Marathone.

Po.
O suavissimo de tutti gli huomini, Agoracrito vien quà, etquanti beni m'hai fatto ricocendo?
Al.
Io? ma ò disgratiato, non sai come tu istesso eri per avanti, ne che officio era il tuo? tu mi stimi forsi un dio?
Po.
che cosa faceva io per avanti? dimi tosto, come era? di che sorte?
Al.
Et prima, quando alcuno diceva ne'l concilio, ò popolo, sono tuo amatore, et di te ho cura, et provego solo, quando uno usava tali princip¡j di ragionare, tu ballavi, et t'insoperbivi.
Po.
Io?
Al.
Poi ingannandoti con queste parole si partiva.
Po.
Che dici? mi facevano tai cofe? et io non me ne ho aveduto?
Al.
Quelle tue orecchie, per Giove, si distendevano, à guisa d'una beretuzza, et di nuovo si ritiravano.
Po.
Così rozzo era et vecchio.
Al.
Et per Giove se doi advocati dicessero, uno di far navi, et l'altro anchora di pagar la mercede. questo che dice questa mercede, passandolo vince quello da le galee. tu che te inchini? non restarai, come dei fare.
Po.
Mi vergogno di questi tuoi peccati.
Al.
Ma tu che sei causa di questi, non haver pensiero, ma lascialo havere à quelli che t'ingannavano in