Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/117

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minuti di ricognizione, udii la voce di alcuni indigeni che si avanzavano. Mi diedi tosto a conoscere e li interrogai del motivo pel quale fossero dêsti a quell’ora e si approssimassero alle nostre capanne.

E quelli ci raccontarono che, essendo essi addormentati sopra una lunga stuoia, col loro cane a guardia, udirono ad un tratto un urlo straziante, da cui furono destati. Nello stesso tempo si erano accorti che un grosso leopardo aveva afferrato quella bestia, e, con essa alla bocca, era balzato oltre la siepe.

Il povero cane era stato acquistato da noi a Cassala; un bel bracco, intelligente, affezionato e assai grazioso.

Ancora un incidente. Il piccolo leopardo che ci aveva regalato il Deghlel a Zaghà, e che avevamo sì bene addomesticato, venne a morire il giorno dopo la perdita del cane.

La piccola fiera era giunta a tal grado di domestichezza da convivere col povero cane, da giuocare insieme a lui, da condividere il cibo. Era il nostro passatempo quello di assistere alle corse, alle capriole, alle vivaci ed amichevoli lotte delle due bestie. Chi avrebbe mai detto che dovessero perire ambedue quasi allo stesso tempo per cause affini.

Il cane infatti terminò lacerato dalle zanne di un leopardo, e il piccolo leopardo per la morsicatura d’una serpe.

Pentendomi di avere slanciato il cadavere fuor della cinta, lo feci tosto ripigliare da un indigeno; quindi mi diedi a scavargli la fossa, dietro una capanna, ove, seppellitolo, gl’innalzai con alcune pietre una specie di monumento.

Passati alcuni giorni da cotali avvenimenti, si