Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/137

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Il nachuda (capitano) era, per nostra sventura, poco abile del suo mestiere, freddo, insensibile più per ignoranza che per pratica delle cose di mare; egli perdeva più tempo ad invocare Maometto che non si curasse della grave responsabilità che pesava sulla sua coscienza e sulla sua persona.

Convenne adoperare seco lui la violenza, e minacciarlo che lo si avrebbe gettato in mare qualora non si fosse data la briga di condurci sani e salvi prima a Suakin poscia a Massaua.

Infatti, le minaccie produssero un certo quale buon effetto, e alla fin fine, benchè a stento, potemmo sbarazzarci dell’investimento ed approdare a Suakin.

Appena giunto, feci chiedere di Miani e saputo il suo domicilio, lo pregai a voler recarsi al mio alloggio oppure a ricevermi a casa sua.

Ma non ottenni nè una cosa nè l’altra. Egli mi fece rispondere che non poteva abboccarsi meco per certe differenze che avevamo avuto al Cairo, e che d’altronde era occupatissimo, dovendo partire all’indomani con una carovana verso il fiume Bianco per alcune esplorazioni. Seppi dappoi che andava per cercarvi una miniera d’oro!

Null’altro essendovi che potesse trattenerti colà, tolsi meco un Arabo per disimpegnare le funzioni di dragomanno, e m’imbarcai per Massaua ove arrivai il giorno quattro.

Non ho meco che cento talleri, ed è ben poca cosa.

Spero in breve di abbracciarvi; frattanto mandatemi incontro il vostro Glaudios con camelli, cavalli e somieri, più in numero che potete, pel trasporto di bagagli, che contengono provviste copiose di generi di prima necessità.