Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/151

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quello stato di alterazione, quasi certo d’un tradimento, non esitò a querelarsene acerbamente coi suoi condottieri, i quali cercavano disingannarlo in ogni maniera.

La faccenda era però troppo grave, e al povero Ravasano non rimaneva che prendere una risoluzione.

E la risoluzione fu presa.

Appena si trovò solo, in una capanna, che quei negri gli assegnarono per passarvi la notte, trasse le sue pistole ed una se ne scaricò alle tempia.

A questo passo lo condusse il suo amor proprio, ma più di tutto la malizia altrui. —

Intanto passavano i giorni senza che si vedesse alcun che di decisivo nelle nostre faccende.

Per rompere la monotonia, altercammo un po’ con Bonichi, il quale avevaci risolutamente rifiutato di darci munizioni per uscire a combattere alcuni scorridori Démbelas, che erano calati nelle nostre terre per derubarci.

Per buona sorte, coloro, secondo il solito, s’erano tosto ritirati; chè del resto, in caso di un serio attacco, non so come avremmo potuto sostenerci, privi come eravamo di proiettili e di polvere.

Dopo molto e molto discorrere, siccome il Bonichi era una buona pasta d’uomo, ci fornì del necessario, malgrado il divieto di Zucchi.

Intanto il padre Stella era già ritornato dalla sua visita a Desiaciailo, e Olda-Gabriel erasi presentato a noi tenendo per mano due superbi cavalli, dono di quel negus, destinati uno al padre Stella, l’altro a Zucchi.

Eravamo agli 11 di agosto, quando ci giunse la notizia che Zucchi si era gravemente ammalato. Nello stesso giorno un messo da Keren venne a chiamare Gentilomo da parte del capo; ed egli, senza frapporre