Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/23

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Il nostro eroe spagnuolo minacciava per di più il pover uomo di maltrattamenti e. percosse; alle quali smargiassate l’indigeno non corrispose con atti di violenza nè di manifesto corruccio, ma, avanzandosi con una dignità tutta fredda, propria dell’etiope, francamente concluse: «O mi date il tallero che mi avete promesso o voi non proseguirete il vostro viaggio; poichè la vostra testa me ne compenserà. Badate a non usare a lungo della vostra stolta prepotenza, poichè voi siete in luoghi nostri, e quand’anche vi fosse dato di uccidermi, il mio sangue chiederà vendetta ai miei fratelli, i quali, di quanti qui siete, non ne lascieranno uno, e di voi non resterà capello sopra capello. La vostra vita era pur, poco dianzi, nelle mie mani e s’io avessi preveduto la vostra slealtà, a quest’ora il vostro corpo sarebbe stato divorato dalle fiere o fornirebbe un lauto pasto agli avoltoi».

C’era veramente di che arrossire alle parole dell’Etiope. Lo Spagnuolo infatti aveva offerto colla sua condotta un motivo più che plausibile alle osservazioni dell’indigeno, e la nostra vantata civiltà europea aveva dovuto ricevere una eloquente e meritata lezione dalle labbra d’un selvaggio.

L’autorità e la perizia del sig. Stella valsero però a raccomodare la faccenda; la questione venne in breve appianata: l’indigeno ebbe la sua mercede e si ritirò non senza però imprecare alla mala fede degli Europei.