Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/40

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lo sguardo, il labbro sdegnoso. Era però d’un temperamento ottuso, parlava poco, e soltanto dopo essere stato interrogato.

Nella caccia, suo principale diletto, era famosissimo, in ispecialità in quella degli elefanti. Vedremo in seguito, come per l’affetto che questo giovane portava al signor Stella, si affrettasse ad abbandonare anche la caccia per correre a salutarlo e a gettarsegli ai piedi.

Sopraggiunta la notte, ci ritirammo al coperto, vale a dire in un magazzino ove potevamo, più che fosse possibile, essere garantiti dalle punture delle zanzare; ma non potemmo chiuder occhio, pei frequenti ruggiti delle iene che gironzavano intorno alla cinta del paese, in traccia di cadaveri.

Di tratto in tratto, ci destava da quel leggiero sopore in cui cadevamo, qualche colpo di moschetto, tirato da soldati cordofani, i quali vegliavano in sentinella sopra un muro. Luogo più di quello infetto da iene, non mi venne dato, nè prima nè dopo, di ritrovare.

Di primo mattino avemmo le solite visite degl’indigeni. Il signor Stella inviò alcuni de’ suoi servi a Keren per annunziarvi il nostro prossimo arrivo e per disporre in modo che fossimo ricevuti a Zaghà, paese della tribù dei Beniahmer.

Durante il nostro soggiorno di nove giorni a Cassala ci chiamavamo felici, in quanto possedevamo ogni sorta di comodità relative. In quei medesimi giorni era venuto ad alloggiare in casa del signor Panajoti uno Schek, specie di nuovo Messia o di secondo Maometto, chè di lui tale idea m’era formato sino dal primo istante in cui lo vidi.

Era di statura vantaggiosa, ben fatto, snello, di