Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/55

Da Wikisource.

versione dal fiume, erano vôlte precisamente all’opposto di quella via, che avrebbero dovuto tenere i miei compagni, a quanto almeno m’era dato di raccapezzare.

Ecco dunque ch’io tornava allo stato di abbattimento da cui era uscito allora allora.

Rifeci la via, e salsi l’opposta sponda in faccia al punto da cui era disceso, internandomi in una nuova foresta, e chiamando con tutto il fiato possibile il mio amico Colombo.

Ma anche ivi, silenzio. Mi tenni allora positivamente perduto. Ad ogni foglia che veniva scossa, sia dagli uccelli, sia dalla caduta d’altre foglie, o da qualsiasi altro motivo, sembravami che sbucasse una fiera. La notte si avanzava. Aveva ancora con me due pistole; le scaricai ad intervallo; stetti ascoltando, e lo scoppio dell’arma echeggiò a lungo per la foresta. Di lì a poco, intesi un lontano colpo di moschetto, ma non potei notarne la direzione.

Ognuno può immaginarsi qual fosse la mia disperazione non avendo più polvere, per poter rispondere a quel segnale: le mie armi erano diventate inutili. Mi morsi le dita. Come un forsennato presi alla ventura il primo sentiero che mi capitò sotto ai piedi e corsi a tutta lena, gridando e quasi urlando l’uno o l’altro dei nomi dei miei compagni.

Un movimento nella selva, mi fece però accorto che s’avanzava alcuno.

Era uomo, era bestia?... Qual terribile momento di esitazione! Mi fermai, ritto sulle due gambe, e colla canna del fucile in mano, deciso a vender cara la mia vita. Se è una fiera, pensava tra me, sarà ben difficile ch’io possa salvarmi; ma se è un uomo, sia pure un selvaggio, il calcio del fucile mi difenderà. Aveva meco