Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/59

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una belva rompeva il silenzio che regnava intorno a noi. Ivi trovavansi in copia i leoni, le iene, i leopardi, che sollevavano ruggiti terribili da non permetterci un istante di tranquillità d’animo e di pace. Io sentiva, più degli altri, il peso del faticoso viaggio, e più degli altri ero invaso da un certo senso di terrore al passare sotto quella volta di foglie, e a sentirmi lacerare gli orecchi da una musica cotanto disgustosa e straziante.

L’ansietà, colla quale spingevamo la marcia, allo scopo di raggiungere un miglior punto per far sosta, fu una vera agonia. Finalmente ci trovammo in una piccola valle, che ci parve adatta per accamparci.

Scaricati i camelli, stesi a terra la mia coperta e mi vi lasciai cader sopra. La mia spossatezza era si grande che mi addormentai quasi subito. Nel frattempo i compagni s’erano recati a far legna nella vicina foresta, tenendo in mano delle frasche accese per evitare qualche sinistro incontro.

Quando ritornarono, siccome era di consueto, accesero parecchi fuochi sparpagliati per tutelare il comune rifugio; indi Glaudios diedesi la briga di cuocere delle lenti, e di farmi destare quando la cena fu approntata.

Mangiai d’ottimo appetito, presi un buon the, ed assistetti alla conversazione sociale. Alcuno di noi non avrebbe potuto far di meglio, non potendoci il sonno più favorire a motivo degli urli delle iene che ci assediavano.