Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/61

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La povera bestia era stesa al suolo, morta da qualche ora, e intorno ad essa uno sciame d’aquile, grifoni e avoltoî se ne disputavano le spoglie. In disparte poi una grossissima iena gavazzava nel sangue, e divorava alcuni brani di carne strappati dalla massa principale. Vedendo che l’indigeno puntava il fucile contro la iena, gl’intimai di non sparare, avvegnacchè non fosse prudenza tirare un colpo di fucile a pallini. Io mi riserbava a colpire la fiera con una buona palla di piombo, tanto più, che, assorta com’era nell’avidità del pasto, non avea fatto il più piccolo movimento al nostro avvicinarsi.

Ma la molla scatto e partì il colpo a pallini, il quale non valse che a metter in fuga i soli volatili. Era stato però ben diretto, inquantochè la iena fu vista poco dopo, abbandonar la preda di soprassalto e ritirarsi. zoppicando e ruggendo.

Rimproverai all’indigeno la sua disobbedienza; dopodichè mi diedi con esso ad inseguir, benchè inutilmente, la fiera, la quale, internatasi nella foresta, in breve disparve.

Ritornammo sui nostri passi e trovammo i compagni già pronti alla partenza. Noi li seguimmo dopo aver preso due buone sorsate di cognak.

A sera inoltrata del 12 Aprile... arrivammo ad un recinto, formato e difeso da doppie fila di siepi a spine, entro il quale innalzavansi parecchie capanne costrutte a rami d’alberi e foderate di paglia; ricettacoli di nomadi pastori.

Avvicinatici alla cinta, fummo obbligati a dichiarare chi fossimo ed ove andassimo. Dopo alcune spiegazioni, ci lasciarono penetrare e ci permisero di passar ivi la notte.