Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/75

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ci avrebbero raggiunto a Zaghà; ma i giorni di aspettativa ci parevano sì lunghi che risolvemmo di avviarci noi stessi verso Keren, per incontrarli. Veramente il partito non era troppo prudente, come aveva osservato il nostro capo condottiero, perchè credevasi invasa la tribù dei Bogos dalle scorrerie dei Marias loro nimicissimi, od anche da altre tribù nemiche.

Ma egli contava sull’appoggio di parecchi suoi servi, che dovevano tosto raggiungerci, e che, da lui allevati ed istruiti, avrebbero sparso il proprio sangue prima che a noi fosse stato torto un capello. Difatti l’assistenza di costoro ci si rendeva indispensabile, dacchè la carovana, che avea viaggiato con noi da Suakin a Cassala, erasi colà soffermata e il nostro scarso numero non offriva garanzie sufficienti per esporsi al minimo rischio.

Appoggiati invece da un discreto numero di servi del sig. Stella, gente valorosa e temuta dai Marias per recenti fatti, avremmo potuto avanzarci con una certa tal quale sicurezza.

Ci narrava egli che quei giovani, chiamati Fadab, ossia valorosi, erano assai ben conosciuti dai Marias e che questi si sarebbero ben guardati dal misurarsi con uomini sì formidabili, i quali, durante l’ultima sua assenza, in un solo scontro ne avevano ucciso quaranta.

Ed erano stati in trecento contro sedici, questi armati però di fucile, al cui maneggio erano stati eccellentemente istruiti dal sig. Stella.

Consultatici quindi in via decisiva, risolvemmo di recarci incontro a coloro che aspettavamo, pronti ad accogliere i Marias a schiopettate nel caso in cui, consci della nostra marcia, tentassero di coglierci in qualcuna delle foreste che dovevamo attraversare.