Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/96

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dietro a noi, che tentava scagliarsi sui boriki. Egli avea chiesto a Glaudios alcune capsule e se n’era sollecitamente andato con lui. Poco dopo si fece udire un colpo di moschetto, poi altri due di seguito, mentre m’incamminava sulle loro tracce. Ma la notte oscurissima m’impediva di ravvisarli; dissi però alcune parole ad alta voce, e fui inteso.

Quand’io li raggiunsi, Glaudios teneva l’animale per la coda e lo trascinava verso l’accampamento.

Giunto a portata dei nostri fuochi, ed in caso di vedervi un poco, egli prese una lancia dalle mani d’un indigeno con l’intenzione di trapassare l’animale. Io gli fermai il braccio, facendogli osservare che la fiera era già morta, ciò che sapeva anch’egli benissimo; ma tanto e tanto per farsene un merito presso i compagni, egli insisteva che non era morta e che bisognava finirla.

Chiesi allora, a bassa voce, ad Olda-Salasciè, chi fosse stato l’uccisore del leopardo, e seppi che era stato ucciso da lui medesimo col primo colpo, e che lo Spagnuolo non c’entrava affatto, se non per aver scaricato gli altri due colpi senza nemmeno colpir quel cadavere che si diede poi il vanto di trascinare per la coda fino allo steccato.

Mi volsi a Glaudios, e alla presenza dei compagni, gli chiesi se era stato lui ad uccidere la fiera; ed egli, in modo alquanto imbarazzato, affermò più col capo che con la bocca. Allora noi l’uno dopo l’altro gli ridemmo sul viso, benchè la cosa non garbasse troppo ad Olda-Salasciè, il quale non avrebbe voluto che lo Spagnuolo venisse burlato per sua cagione.

Quel leopardo aveva la lunghezza di un metro, l’altezza di 70 centimetri, colle zampe del diametro di 10. Era una femmina, tarchiata e maestosa. Quand’io