Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/98

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e coprendo il tutto con delle stuoie. Costruimmo eziandio con quest’ultime una specie di tettoia per ripararci dal sole, e ci sdraiammo sotto, mentre gli indigeni stavano raccogliendo legna in grande quantità pei fuochi notturni tanto indispensabili e benefici nelle condizioni eccezionali in cui ci trovavamo.

Più tardi andammo a caccia, e ritornammo con preda abbondante, consistente in alcune faraone ed in due gazzelle, sicchè il pasto offertoci da questi animali fu abbondante, eccellente, ristoratore.

Nei primi giorni del nostro istallamento costruimmo delle capanne provvisorie per ricoverarci la notte e nelle ore più calde del giorno; le formammo con grossi tronchi d’alberi, con frasche e spine e fronde di maniera che valessero a proteggerci efficacemente anche dalla rugiada.

Glaudios cacciava tutto il giorno, e noi, assistiti dagl’indigeni, attendevamo a costruire la cinta, la famosa muraglia che doveva proteggerci dagl’insulti dell’inimico e dagli assalti delle fiere.

Il recinto veniva innalzato con abilità e perizia, a doppia parete di spini, cementato dalla terra, i cui germogli, unitamente ai rami verdi trapiantati, dovevano, coll’aiuto delle pioggie, avvinghiarsi strettamente e solidificarsi. Infatti l’erba cresceva a vista d’occhio, ed oltre al giovare colla sua ricchezza al consolidamento della cinta, offriva anche un’estetica piacevole ed un’ombra salutare.

All’ora del pranzo ci sedevamo intorno ad una stuoia, e così pure all’ora della colazione ed a quella della cena. Di notte ci ritiravamo nelle neo-erette capanne, bastantemente sicure, le quali ci offrivano quelle