Milano, Lodi, Cremona, Piacenza
s’allearono per venti anni contro a’ tedeschi, e fu un primo esempio
di leghe lombarde, e principio allora di gran novitá. Ché, rifuggito a
que’ collegati Corrado, figliuolo primogenito e ribelle ad Arrigo, fu
[1093] incoronato a Monza dall’arcivescovo di Milano. Scese allora
[1094] per la quarta volta Arrigo, ma non fece frutto; anzi, la parte
papalina, giá forte, si rinforzò per il matrimonio di Corrado colla
figliuola di Ruggeri Normanno conte di Sicilia [1095]; ed Urbano tenne
in quell’anno due grandi concili, uno a Piacenza, dove comparí
Adelaide di Russia, seconda moglie d’Arrigo IV pur maltrattata da lui;
e dove si deliberò la prima e maggior crociata, bandita poi al
concilio che seguí in Clermont in Francia. Cosí fu effettuato uno dei
piú grandi, e che parean piú ineseguibili, pensieri di Gregorio VII,
dieci anni soli dopo la morte di lui. Una parte de’ crociati, passando
per Italia, cacciarono di Roma l’antipapa, ed imbarcandosi in Puglia
andarono a raggiungere in Asia i rimanenti; i quali tutti insieme
presero poi Gerusalemme, e vi fondarono un regno latino [1099].
Intanto, tornati Arrigo a Germania [1097] e papa Urbano a Italia e a
Roma [1098], morí questi glorioso l’anno medesimo della presa di
Gerusalemme. — Succedettegli (quasi sforzato esso pure) Pasquale II; il
quale, morto Ghiberto antipapa e presi dai normanni due antipapi
fattigli succedere, rimase solo. Morí poi Corrado, il figliuol
ribelle, in Firenze [1101]. E cosí, rimanendo Arrigo IV liberato a un
tempo e degli incomodi amici, gli antipapi ch’egli era impegnato a
sostenere, e di suo principal avversario, il proprio figliuolo, ma
succedendo in Germania una nuova ribellione di Arrigo suo secondo
figliuolo diventato suo erede [1104]; egli Arrigo IV non iscese piú,
non si die’ piú gran cura delle cose d’Italia, e lá morí, deposto in
dieta, e prigione del figlio giá regnante [1106]. Compatito per queste
ribellioni domestiche, parve ad alcuni finir men male che non
incominciò; ma fu pure in tutto pessimo degl’imperatori e re
Ghibellini, pessimo forse de’ tedeschi! Nato operoso, e capace dunque
di virtú, ma infelicemente educato, fu di quelli che non solo perdon
l’opera del resistere al secolo loro, ma vi si