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240 libro sesto

signore di parecchie cittá, e perché sopratutto fu protettore, mecenate, ospite a letterati, fuorusciti e giullari ch’ei teneva a tavola (se credasi a’ biografi e ad alcuni passi di Dante) alla rinfusa. Ad ogni modo, in mancanza d’altri, i ghibellini si gettarono in braccio a uno strano capo, Giovanni re di Boemia figliuolo di Arrigo VII, un bel giovane tutto zelante per l’imperatore, per il papa, per la pace, per qualunque impresa, vero cavaliere di ventura, precursor de’ condottieri, quasi giá condottiero. Veniva a Lombardia, corteggiava i ghibellini, le cittá, otteneva la signoria di molte, finiva con venderle a parecchi signorotti, e risalire e sparire egli pure [1333]. Veda ognuno, se son perdonabili i guelfi di non aver saputo allora liberarsi per sempre di siffatti nemici. — Ma Firenze sola era savia. Ella fu che movendo una lega di cittá e signori lombardi, fece sparire Giovanni. Se non che, sparito, s’entrò in disputa sulle spoglie. Contesero Firenze e Mastino della Scala successor di Can grande; e Firenze strinse contro esso con Venezia un’alleanza [1336], per cui fu ripresa Padova e ridonata a’ Carraresi, e furono assoggettate a Venezia, Treviso, Castelfranco e Ceneda, le prime conquiste di quella repubblica in terraferma, il primo ingresso di lei nella politica d’ambizioni italiane. Ma Venezia conchiuse la pace [1338] da sé; e Firenze, che ambiva Lucca, ne rimase delusa. Intanto Bologna, cacciato il legato Bertrando del Poggetto, che avea di lá governata a lungo parte guelfa, era caduta sotto la tirannia di Taddeo Pepoli [1337], rivoltosi poi a’ ghibellini. Genova, stanca di sua tumultuosa libertá, s’era sottoposta ad un governo simile a quello dell’emula Venezia, a un doge [1339]. Cittá guelfe e ghibelline del paro, a vicenda e quasi a gara, precipitavano nel governo d’uno, doge, duca, signore o tiranno. La causa, l’abbiamo accennata piú volte, non la ripeteremo piú; poco men che dappertutto, una famiglia nobile, unendo sue aderenze alla parte popolana, conquistò la signoria. Sempre la medesima serie: aristocrazia, democrazia, tirannia. Firenze stessa provò un venturiero francese [1342], il duca di Atene; ma il ricacciò tra pochi mesi, e continuò a governarsi a forma di repubblica; ché quanto ad essenza, non si