d’Aragona figlio del re di Maiorca, ma non gli dá titolo di re. Egli la abbandona,
guerreggia in Ispagna, v’è fatto prigione, è riscattato dalla moglie [1365]
e vien a raggiungerla. E morto esso pure [1374], Giovanna prende a quarto
marito Ottone di Brunswick [1376]. Intanto in Roma succedeva uno degli
effetti piú strani di quella smania imitativa, di quella pretesa di
restaurar l’antico primato romano, che giá vedemmo sorgere in Arnaldo da
Brescia e nei senatori disprezzati da Federigo I; quella smania che era
venuta crescendo nel presente secolo col ricrescer delle lettere e delle
memorie antiche, in parecchie cittá italiane, in Firenze e Venezia
principalmente (come si scorge da’ lor fatti e loro storici), ma
soprattutto, com’era naturale, in Roma. Qui dunque avvenne una rivoluzione
letterata, pedante: Cola di Rienzo, un giovane del volgo, ma colto e
imaginoso, imagina restaurar il nome, i magistrati, la potenza del popolo
romano, abbandonato da’ papi, straziato da’ Colonna, Orsini, Savelli ed
altri grandi. Contra questi ei nodriva (è frase del Sismondi) «un odio
quasi classico, e ch’ei credeva ereditato da’ Gracchi». Un dí di maggio
1347 ei solleva il popolo, si fa tribuno, stabilisce quello ch’ei chiama il
«buono stato», s’accorda col vicario del papa, sale con esso in
Campidoglio, e cita dinanzi al popolo romano Ludovico di Baviera
imperatore, ed il competitore di lui Carlo di Lucemburgo (figlio di
Giovanni il venturiero, nipote di Arrigo VII). È riconosciuto, lodato in
tutta Italia, massime da’ letterati. Ma letterato, antiquario, poeta, il
buon Cola non sa governare, meno guerreggiare. È cacciato prima che finisse
l’anno da’ nobili e da un legato del papa; fugge a Carlo IV che, morto il
Bavaro e scartati alcuni competitori, era rimasto solo. Nel 1352 è
consegnato a papa Innocenzo IV allor succeduto in Avignone, ed è da questo
aggiunto al cardinale Albornoz di lá mandato a restaurar la potenza papale
in Italia. Cosí da luglio a ottobre 1354 signoreggia di nuovo in Roma con
dignitá di senatore; finché popolo e grandi si sollevan contro lui, e lo
trafiggono a piè del Campidoglio. Non frammischiatosi, come giá Arnaldo, in
cose spirituali, non in elezioni di papi ed antipapi come gli antichi