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delle preponderanze straniere 149

non furono piú, come poc’anzi, principali, ma secondarie in Europa; e le paci furono obbedienze di poco men che tutti allo straniero. Tuttavia, fra i tempi d’obbedienza, niuno fu lieto, operoso, forse utile, quasi grande e glorioso come questo. Men vergogna era servire con mezza Europa ad un uomo operosissimo, grandissimo, e che si potea dir di nascita, e dovea dirsi indubitabilmente di sangue, di nome, italiano; e servirlo operosamente, in fatti grandi, moltiplici, incessanti, crescenti, e continuamente mutanti, i quali non si potea prevedere a che avesser a riuscire, e si poteva sperare riuscissero a qualche gran riunione e liberazione d’Italia; men vergogna dico, che, come in altri tempi, servir quasi soli e languidi in mezzo alle indipendenze e libertá ed operositá universali. — Non faccio scuse per coloro che cosí servirono, spiego che cosí servirono allora. Non v’era indipendenza, è vero, ma non ne furono mai speranze cosí vicine. Non v’era libertá politica, ma n’erano almeno le forme in un gran centro italiano; non libertá civile ben guarentita, ma legale almeno; e poi, v’era quella eguaglianza che a molti, bene o male, fa compenso alle mancanze di libertá. Non libertá di scrivere, certamente; ma non gelosie, non paure d’ogni sorta di coltura, non disprezzo degli uomini colti, non quella separazione tra essi e gli uomini pratici, che è il maggior de’ disprezzi, e quasi smentita e scherno delle vantate protezioni. Chiuso poco dopo il mare, non vi fu operositá commerciale; ma v’eran quelle delle industrie, e dell’agricoltura, e della milizia: dico quell’operositá di guerra, che è senza dubbio calamitá all’universale, ma felicitá suprema forse a molti di coloro che l’esercitano, perché è supremo esercizio dell’umane facoltá. E allora gli italiani, primi i piemontesi, poi i lombardi e romagnoli, e via via toscani, romani, napoletani, corsero a quell’esercizio, e vi furon affratellati a quei militari, avanzati e lodati in quegli eserciti vincitori d’Europa; e quegli italiani sentivano di far allora ciò che non avean fatto da secoli i maggiori, ciò che speravano si facesse poi dai nepoti; quegli italiani credevano incamminar i posteri alla rinnovata virtú italiana. Insomma, era servaggio senza dubbio, ma partecipante alla concitazione,