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appendice 195

vittoria ultima dell’opinione liberale, progressiva, giusta, naturale al secolo, alla civiltá cristiana, ai decreti evidenti della provvidenza. Io accennerò solamente quello che mi pare primo principio, e, se non causa, occasione, mezzo usato da Dio, in tutto ciò. Carlo Alberto fu negli ultimi anni suoi sinceramente pio, intimamente, forse scrupolosamente coscienzioso. Ed io credo che la sua coscienza primieramente liberale si sollevasse contro agli stessi atti suoi del 1833, fosse l’origine di quell’austeritá de’ suoi atti, di sue parole, di tutti i suoi modi, di tutta sua vita, che incominciò appunto negli anni che seguirono l’origine del suo fermarsi nella via antiliberale, del chiamar uomini meno estremi, massimamente in fatto di persecuzioni e polizia, del suo camminar piú fermo nelle riforme. Fecene molte d’allora in poi; il suo Stato era rimasto il piú retrogrado tra gli italiani; fecene il piú progredito, il meglio ordinato. Riformò tutta la legislazione civile, e ridussela in codici; riordinò, ampliò la magistratura; ordinò le opere pie, le finanze dello Stato, che furono le piú fiorenti d’Europa; e con cura speciale l’esercito; protesse le lettere, le arti, le scienze, le societá d’agricoltura, le accademie, le universitá, i congressi. Tutto ciò indubitabilmente; tutto ciò, a parer mio, troppo lentamente, insufficientemente, come se avesse a durar sempre il regno assoluto o s’avessero secoli a far passi alla libertá. E quindi, quando venne questa, ed insieme l’occasione dell’indipendenza, il suo Stato ed egli stesso si trovarono apparecchiati all’una ed all’altra poco piú che se non si fosse fatto nulla; e tutte le riforme fatte da lui ebbero od han bisogno d’essere riformate; tutte le opere fatte con previsione, mancanti nella mira principale, non poterono durare. Insomma, il Piemonte non fu portato a segno d’entrare cosí bene come avrebbe potuto nell’occasione, non o mal preveduta, del 1848. Ma il Piemonte, ultimo degli Stati italiani dal 1814 al 1833, fu da quell’epoca all’incirca portato da Carlo Alberto a segno d’entrar prima, piú e meglio degli altri Stati italiani, quando scoppiò, quantunque mal preveduta, quell’occasione.

Negli altri Stati non si progredí parimente per due ragioni; la prima, che, qualunque sia la grandezza che la storia futura