compiutamente
informata e scritta sará per concedere a Carlo Alberto, non è dubbio
gli altri principi assoluti contemporanei suoi furono di gran lunga
inferiori; e perché poi alcuni di questi altri Stati, meno male
restaurati nel 1814, erano fin d’allora a quel punto di bontá a cui
Carlo Alberto voleva portare e portò il Piemonte, a quel punto che è
compatibile col principato assoluto. Napoli e Parma avevano conservati
i codici e l’amministrazione di Napoleone con poche novazioni;
avevano ordine sufficiente nelle finanze; e Napoli aveva di piú un
esercito ed una marineria militare quasi fiorenti. La polizia v’era
dura, intrigante, preoccupata di sètte e controsette; ma quando le
prime non iscoppiavano, essa pure rimettendo de’ suoi rigori, ne
pareva tollerabile. Della Toscana giá dicemmo che fin dalla seconda
metá del secolo decimottavo essa era stata portata a vera perfezione
di principato assoluto, e fu restaurata in essa fin dal 1814; e
mantenutavi poi da due principi miti, ella sarebbe rimasto lo Stato piú
avanzato, il meglio governato, in tutto, che fosse in Italia, se non
fosse di quella negligenza ed anzi di quella repugnanza ad avere un
esercito, di che son forse ad accusare meno i principi che i popoli,
e forse i liberali, gli stessi, i migliori uomini di quell’imbelle
od avara regione. — Quanto a Roma e Modena, mal restaurate nel 1814,
elle rimasero peggio governate d’anno in anno in tutto questo tempo;
cattiva polizia e persecuzioni furono comuni ai due Stati; speciali
al pontificio i disordini di finanze, armi straniere, governo
ecclesiastico nelle cose piú laicali, ed in che il sacerdozio perde piú
di sua dignitá. — Finalmente, il regno lombardo-veneto, anch’esso (cioè
il suo nòcciolo di Lombardia) non mal governato come parte d’imperio
assoluto nel secolo scorso, non mal restaurato né mantenuto come tale,
avrebbe potuto vincere al paragone di Toscana e Piemonte, se in teoria
né in pratica fosse possibile far paragone tra qualunque governo anche
pessimo nazionale, e qualunque anche ottimo straniero. Se io scrivessi
per istranieri che hanno da secoli il sommo bene dell’indipendenza, e
non conoscono per prova il sommo male della dipendenza, io accennerei
almeno ad alcuni