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214 appendice

di sollevamento, inopportunamente fatto, meravigliosamente proseguito e finito, Milano fu libera dai tedeschi. E nel medesimo dí, cinque ore prima che ne giugnesse nuova a Torino, la guerra d’indipendenza era dichiarata dal piccolo re di Piemonte, cioè di quattro milioni e mezzo d’anime, senza un’alleanza, né politica, all’imperator d’Austria, cioè di trentasei milioni, appoggiato dall’alleanza d’Europa dal 1815. Non importa; si gridò in tutta Italia alla tardanza, alla titubanza piemontese. — Addí 25, un primo corpo piemontese entrò in Milano, addí 26 il re partí di Torino, addí 3 aprile entrò in Pavia, e proseguí poi a Crema, con soli venticinquemila uomini contra l’esercito austriaco di settantamila. Questi, fuggenti dalle cittá sollevate, si raccoglievano al campo di Montechiaro. Il re lo minacciò, lo sloggiò piegando a destra, e scendendo il Po. L’operazione era bella, la guerra era portata d’un tratto sul Mincio. Addí 8 aprile, si combatté a Goito, si prese e si passò quel fiume; addí 9 si combatté e si passò a Monzambano, addí 10 ed 11 a Valeggio. Allora la guerra era necessariamente in que’ campi tra Mincio ed Adige, dove, quando non era se non la fortezza di Mantova, Buonaparte giovane e vittorioso dimorò e vinse per otto mesi, dove ora era il terribile quadrilatero di Peschiera, Mantova, Verona e Legnago, apparecchiate, rinforzate e studiate ne’ trentaquattro anni di pace dai sospettosi stranieri, dove ora il re conduceva un esercito nuovo di venticinquemila uomini, contro sessanta o settantamila austriaci. Il grido d’Italia, cioè de’ settari, dei tribuni di piazza, degli oratori di circoli, degli scrittori di giornali, del governo provvisorio di Milano, forse senza eccezioni, e quello stesso dei ministri e consiglieri del re con pochissime eccezioni, era che si passasse attraverso i due fiumi, le quattro fortezze, i sessantamila nemici, per dar la mano a Venezia, Vicenza e l’altre cittá, e si portasse la guerra agli sbocchi, anzi alle cime dell’Alpi da Como a Trieste. Né fa meraviglia che la povera Italia, inesperta di guerra anche piú che di politica, gridasse siffatte stoltezze; sí il può fare che rimangano queste in alcuni libri di uomini anche militari. Quand’anche fosse stata vera, generale ed armata insurrezione in