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nota 247


II

Non è certo il caso di spendere troppe parole intorno alle varie edizioni del Sommario e ai criteri seguiti nella nostra. Ricorderemo soltanto che, non ponendo nel novero una traduzione tedesca dovuta al Moll (Pest e Vienna, 1851), il libro fu stampato finora undici volte: 1 e 2) Torino, Pomba, 1846, nell’Enciclopedia popolare1 e a parte; 3) Losanna, 18462; 4) Losanna, 1848; 5) Losanna, 1849; 6) Milano, s.a; 7) Napoli, s. a.; 8) Bastia, s. a.; 9) Torino, Pomba, 1852; 10) Firenze, Felice Le Monnier, 1856; 11) Napoli, Pelard, 1860.

Di codeste edizioni le sole che abbiano valore, perché provenienti direttamente dal Balbo, sono, oltre la prima: la terza, nella quale egli poté correggere, com’era suo vivo desiderio, parecchie inesattezze, nelle quali era incorso per la fretta, e aggiungere la stupenda prefazione, riprodotta a principio della presente ristampa; la nona, la quale, per altro, salvo l’aggiunta della dedica a Carlo Alberto3, differisce poco o punto dalla terza4; e finalmente la decima, che, pubblicata tre anni dopo la morte dell’autore dal figlio, rappresenta, se non la stesura definitiva (quale stesura, per uno scrittore come il Balbo, poteva essere definitiva?), almeno



  1. Naturalmente bisognerebbe aggiungere al computo le ristampe dell’Enciclopedia. Senonché nella quinta edizione, che ho sott’occhio (Torino, Unione tipog. editrice, 1860), del Sommario sono riprodotti, riuniti in un tutto, i soli paragrafi conscrati dal B. alla storia letteraria. La storia politica d’Italia è compilazione di altro autore.
  2. Di questa ediz. il B. «inviava al Predari un esemplare legato a lutto in pelle nera, coll’indirizzo: ‘Al Mefistofele di questa diavoleria la povera vittima Cesare Balbo’» (Ricotti, p. 225).
  3. Fin dal 1846 il B. voleva premettere al Sommario una dedica, «e varie ne ideò; cioè una al re Carlo Alberto, una a Gino Capponi, un’altra al Capponi e a Massimo d’Azeglio, una quarta agli studiosi italiani. Questa era nei termini seguenti: ‘Agli studiosi italiani, desiderando che se ne giovino a scrivere la storia della patria: all’intiero popolo italiano, desiderando intanto che se ne giovi ad operarne la storia futura; questa ultimo e povero risultato dei lunghi, interrotti, compressi e respinti studi suoi, dedica, accomanda, lascia Cesare Balbo’» (Ricotti, pp. 223-4).
  4. Si veda poco piú oltre la lettera di Prospero Balbo al Le Monnier.