[1495-1556], Della Casa [1503-1556], Annibal Caro [1507-1556], oltre quasi tutti quegli altri che nominammo tra’
prosatori, ed altri che non nominiamo di niuna maniera. I quali tutti
insieme poetando o rimando in tutto questo tempo, empierono poi que’
Canzonieri o Parnasi o Raccolte, che paiono a molti una delle
glorie italiane, perché essi soli sanno almeno divertire. Pare ad altri
all’incontro che la poesia non ammetta mediocrità; e che l’inutilità
non sia scusabile se non nei sommi. Come donna, e cantante un amor
vero e virtuoso, sovrasta forse Vittoria Colonna, moglie del traditore
marchese di Pescara [1490-1547]. E sovrasta per infamia Pietro Aretino
[1492-1572], prosatore e rimator mediocrissimo, anzi cattivo, e per le
cose scritte e per il modo di scriverle, empio, lubrico, piaggiatore e
infamatore insieme, che si fece un’entrata, una potenza col vendere or
il silenzio, or le adulazioni. È vergogna del secolo che lo sofferse,
lodò e pagò e chiamò «divino». — Del resto, avendo detto della storia e
della poesia e cosí dei due generi di letteratura in che questo tempo
fu grande, non ci rimane spazio a dir di quelli in che fu solamente
abbondante. Se ci mettessimo a nominar gli oratori piú o meno retori,
perché non aveano a discutere interessi reali dinanzi a un’opinione
pubblica potente; i latinisti, meravigliosi se si voglia per li centoni
che fecero delle frasi antiche, ma appunto perciò piú o men retori
essi ancora; i grammatici di lingua italiana, piú utili senza dubbio,
ma timidi ed incerti perché nostra lingua mancò sempre d’un centro
d’uso, e poco logici perché poco logico era stato il secolo delle
origini, e meno logico era questo; i novellatori, piú o meno imitatori
e sconci, come i modelli e il secolo; i moralisti, come il secolo
leggeri, attendenti a convenienze e cortigianerie piú che a principi
sodi, ed anche meno ai virili e meno ai severi; e gli scrittori che
trattarono di filosofia piú letterariamente che scientificamente,
e si scostarono da Aristotele per cadere in Platone, ma meno nel
Platone vero interprete degli immortali dettami di Socrate, che in
un platonismo spurio e intempestivo; se, dico, noi nominassimo tutti
coloro che gli esageratori de’ nostri primati ci dan come grandi, noi
avremmo a rifare parecchie nomenclature molto piú lunghe