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delle preponderanze straniere |
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sbandita costei, la dichiarò
ora figliuola della repubblica! A tale erano giunti giá i tempi, di
farsi pubblicamente, legalmente, senza pretender necessitá né utile,
per semplice compiacenteria, le viltá. — Dei duchi minori non abbiamo
a dir nemmeno molte successioni, ché in Urbino solo, a Guidobaldo
della Rovere era succeduto nel 1574 Francesco Maria figliuolo di lui;
ed in Ferrara, Parma e Mantova continuarono per questi vent’anni i
medesimi Alfonso II d’Este, Ottavio Farnese e Guglielmo Gonzaga, giá
accennati. — In Genova risorsero turbamenti che si potrebbon dire fuor
d’etá, tra classe e classe di cittadini, tra’ nobili detti di «portico
vecchio» e nobili di «portico nuovo» a cui s’aggiungevano i popolani;
ma non avendo noi detto de’ turbamenti interni de’ comuni antichi
dov’erano piú importanti, dove si disputava almeno della politica,
dell’operositá, della parte a cui rivolger la cittá, non diremo di
queste dispute le quali furono solamente di grado, o tutt’al piú di
partecipazione ad un governo inoperoso. E continuavan i turbamenti
nella suddita Corsica. E tra tutto ciò fu tolta Scio dai turchi
ai Giustiniani, e cosí alla repubblica sotto cui essi la tenevano
[1566]. — In Venezia tutto languiva nella solita pace e mediocritá.
E ad essa pure fu tolta Cipro, una delle isole orientali, in quella
guerra ch’ella fece contro a’ turchi dal 1570 al 1575, e in cui ella
non ebbe se non una volta a Lepanto un vero aiuto dalla cristianitá. Ei
si vede: tutti questi Stati decadevano, sopravvivevano, s’ordinavano
a sopravvivere. — Casa Savoia sola a crescere. Emmanuel Filiberto,
non principe nuovo come i piú di costoro, non di famiglie sporcatesi
nel salire alla potenza, discendente d’una lunga serie di principi
buoni, provato dalla cattiva fortuna, e salito alla buona per meriti
propri, riuniva cosí i vantaggi de’ principi antichi e de’ nuovi.
Se ne seppe valere; e gran capitano a riacquistar lo Stato, fu gran
legislatore a riordinarlo, perché lo riordinò secondo il secolo suo.
Non restaurato ancora in tutti gli Stati suoi, nemmeno in Torino sua
capitale, raunò gli Stati generali in Chambéry. Voleva farsene aiuto
a’ suoi riordinamenti, trovolli ostacolo o ritardo; li sciolse, e non
li convocò mai piú, né egli né nessuno de’ successori fino