Pagina:Bandello, Matteo – Le novelle, Vol. III, 1931 – BEIC 1973324.djvu/315

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NOVELLA XXXVII che cose assai ebbe tra sé discorse, sapendo la figliuola esser in casa e deliberato parlar con quella a lungo, la si fe’ domandare. Ella di subito, senza faT dimora, al padre se ne venne. Volle alora il conte che la figliuola a lui dirimpetto sedesse, . ed in questa guisa a ragionar seco cominciò : - Io porto ferma openione, figliuola mia carissima, che non poco de le cose che oggi da me sei per udire, che ora ti dirò, ti meraviglierai, e tanto piú te ne meraviglierai e resterai d’estrema ammirazione piena, quanto , che ’ragionevolmente ti parra. che a me punto non si convenisse far teco simil ufficio. Ma perché sempre si deve di dui mali elegger il minore, io non dubito che tu come saggia, ché sin da la tua fanciullezza tale t ’ ho conosciuta, farai l’elezione che io medesimamente ho fatta. Io, figliuola, da che mi parve aver del bene e del male alcuna conoscenza essendo ancor garzone, e fin al presente, sempre piú stima ho fatto de l’onore che de la vita, perciò che secondo l ’openion mia, quale ella si sia, assai minor male è morir innocente senza macchia che viver disonor atamente e diventar la favola del volgo. Tu sai che cosa è a l’altrui imperio esser soggetto, ove bisogna molte fiate far il contrario di quanto s’ha ne l ’animo, e attese le qualita dei tempi, secondo le voglie dei signori nuovo abito vestirsi. Ora ciò che io ti vo’ dire è che monsignor lo re oggi m’ ha fatto chiamare, e quando dinanzi a lui stato sono, assai con caldissime preghiere m ’ha pregato ed astretto che io in una cosa, che da me era per domandare e che la vita a lui importava, lo vo lessi servire, proferendomi tutto quell o che io . saperei a bocca chiedere che in suo poter fosse. Io, che nasciuto vassallo e servidore a questa corona sono , largamente la mia pura fede gli impegnai che tutto ciò che mi comandasse con ogni mio potere ad effetto manderei. Egli udendo la mia libera promessa, dopo molte parole accompagnate da sospiri e lagrime, a me si scoperse che si fieramente e di tal modo è di te e de le tue bellezze invaghito, che senza il tuo amore egli a patto nessuno viver non puote. E chi, per Dio, si averebbe imaginato gia mai che di simil facce nda il re parlato m’avesse ? - Dopo questo il conte la lunga isteria dei ragionamenti tra il ’l’e e lui passati a parola per parola intera-