Pagina:Bandello, Matteo – Le novelle, Vol. III, 1931 – BEIC 1973324.djvu/336

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vol er adempia, una grazia vi faccia, io son presto a compiacervi e vi giuro per il batt esmo che ho in capo e per quanto amore v i porto, ché maggior fede darvi non posso, che tutto quello che mi ricercherete ch’ io faccia, senza scusazione alcuna farò; con questo che non mi comandiate ch ’ io non v’ami né vi sia, come sono e perpetuamente sarò, leal e fedel servidore, ché cotesta cosa ancora che ve la promettessi e con mille e mille sagramenti affermassi, osservarvela non potrei gia mai, perciò che se senza anima l’uomo può vivere, io potrei non amarvi, e prima ogni impossibil cosa sarebbe ch’ iÒ non v’amassi. Chiedete adunque animosamente ciò che vi piace, ch’ io ed il reame mio siamo in vostro potere. E ·se io gia mai penserò non attenervi ciò che mi domandarete, essendo in poter mio o d’uomo che sia nel mio reame, io priego divotamente Iddio, che del prencipe di Galles Odoardo mio primogenito e degli altri miei figliuoli o di cosa ch’io mi desideri, contezza alcuna gia mai non mi dia. La bella Aelips alora ancor che foss e invitata a lev a r su, non volle, ma inginocchiata ’Com’era, la mano del re onestamente pres a , cosi gli disse: - E~ io, sire basciandovi la r eal mano, di questa grazia che mi fate senza fine vi ringrazio e vi resto ubligatissima. Onde confidandomi de la real vostra parola come debbo, il dono che io quanto la mia vita b r amo vi richiederò. Il re, che in effetto era t6cc~ del buon amore e che piu amava Aelips che le pupille degli occhi propri, di nuovo strettissimamente le giurò che senza froda o inganno veruno realmente farebbe il tutto che ella domandasse . In questo ella cavò fuori il tagliente coltello che piu di dui paÌmi aveva di ferro, e caldissime lagrime spargendo -che le belle e rosate guancie le r igavano, pietosamente al re, che tutto era pieno di stupore e meraviglia, disse: - Sire, il dono ch’ io vi chieggio e voi ubligato vi sète di farmi , è questo : che io con tutto il core vi prego ed affettuosamente supplico che il mio onore tor non mi vogliate, ma prima con la spada vostra vi :piaccia tormi que·sta caduca vita e frale, a ciò che se fin al presente vivuta da pari mia senza biasimo sono , da pari mia anco onoratamente mora. Se questa grazia da voi impetro, che prima mi sveniate che levarmi