Pagina:Bandello, Matteo – Le novelle, Vol. III, 1931 – BEIC 1973324.djvu/397

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NOVELLA XL 39! de la malignita de la palia e conoscer Giulio per quel gentiluomo che sempre l’ho tenuto, come piu volte dissi a Delio alora che la balia si disdisse de le menzogne da lei dette. Quanto poi appartiene al caso tuo, io ti vo’ aver sempre per raccomandata e in quanto potrò nei tuoi bisogni aiutarti. E facendone tu la prova, troverai che gli effetti sa:ran_no a le parole conformi. Cinzi a alora con pietosa voce soggiunse: - Adunque, oimè! io senza colpa mia debbo perder quella cosa che piú amo in que sto mondo ? io ti perderò, Camillo signor mio? ahi sventurata me! oimè piu infelice d’ogni altra infelice ! Che fia di questa travagliata e misera vita, se gia piu bramo il morire per molto maggior rimedio e minor pena anzi conforto dei miei mali, che il vivere, poi che colui che io amo piu de la luce degli occhi miei e vie piu d’ogni creata co sa, mi sprezza e senza mia colpa m’abbandona? Chi clara, lassa me ! a questi miei occhi si larga vena d’amare lagrime, a ciò che prestamente consumino questo debol ed infermo corpo, recettacolo ed albergo d’ogni miseria e calamita, poi ch e colui dal quale la vita mia di pende leva da me le mani de la sua pieta e vuole che senza vita io viva? Ma certamente senza vita non si vive. Ora che dico io? a cui porgo le vane mie preghiere? a cui indirizzo queste dolenti voci , se profitto alcuno recaT n on mi denno? Io veggio bene che aro il mare e spargo il seme su l’ar:ena. Sia con Dio. Qui ti bisogna, Cinzi a, ·esser costante e non ti smover punto dal saldo proponimento che fatto hai . Egli mostrar ti conv iene se tu ami o non. In questo rasciugati gli occhi, si voltò di nuovo a Camillo e gli parlò in questa guisa : - OTsu, piacciati almeno, poi che deliberato sei di non voler es ser mio di quel mÒd o che io vorrei esser tua, non abbandonar la nostra povera figliuola, la quale, se tu puT vuoi o non vuoi, è tanto tua quanto mia, e tu sei cosi il padre com’io l’ho part orita, che pur sai ch e partorita l’ho. Medesi mamente io ti raccomando quegli sfortunati e poveri vecchi, mio padre e mia madre, dico, che tanto ti sono stati fedeli, amo revoli e continovi servidori, e di core ti prego, se mai ti fu per lo passato cara e dolce la mia pratica, che pure mostravi d’amarmi ed avermi cara, e mille effetti di questo me n’hanno