Pagina:Bandello, Matteo – Le novelle, Vol. III, 1931 – BEIC 1973324.djvu/475

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NOVELLA XLIV non palesasse come lo zio quivi entro l’aveva fatto nascondere, gli disse: - Traditore, tu sei morto! - e gli diede de lo stacco nel petto e lo passò di banda in banda. Il misero giovine subito cascò boccone in terra morto. Alora il fellone e· traditor conte, rivolto ai consiglieri, disse loro: - Signori miei, sono gia piu giorni che io m’avvidi del disonesto amore di questo ghiotto gavinello di mio nipote, che ha fatto troppo bella morte, me-ritando d’esser arso o squartato a coda di cavallo. N e la signora duchessa io non vo’ porre le .mani, sapendo voi che in Piamonte e in Savoia è una legge che ogni donna trovata in adulterio debbia esser arsa, se fra un anno e un di non ritrova campione che combatta per lei. Io scriverò al re suo fratello ed al duca il caso come è seguito. Fra questo mezzo sotl:o buona guardia la signora duchessa restera qui in queste camere con le sue damigelle. Restarono i consiglieri e tutti gli altri attoniti a cosi fiero spettacolo. La duch essa si scusò assai e chiamò Dio e i santi in testimonio come di suo consentimento mai il misero giovine non s’era appiattato sotto il letto, ma nulla le valse. Restò adunque la sconsolata duchessa confinata iti quella camera. Il disgraziato giovine la matina fu senza pompa funerale sepellito. Gongolava, ebro d’odio, il traditor co nte e per mèsso a posta scrisse al re d’ Inghilterra e al duca la co sa come er a successa, e volse che i consiglieri in conformita scrivessero. Era la duchessa sovra modo amata da tutti quei popoli, perciò che mai non cercò d’offender persona e a tutti, quanto poteva, giovava; onde del suo infortunio a ciascuno senza fine doleva. E perché quelli de la guardia usavano gran discrezione in lasciar andar dentro ed uscir il medico e non gli mettevano mente, la signora duchessa a poco a poco col mezzo de l’Appiano mandò fuori tutti i suoi danari e gioie che aveva ed ori battuti assai. Le quali tutte cose l’Appiano in casa sua ripuose. Il re e il duca, avute le lettere, a cosi disonesto avviso si trovarono’ molto di mala voglia. D av a grandissimo credito al fatto ed a l’accusazione dei perfido conte l’aver egli il proprio nipote ammazzato, sapendosi quanto l’amava e come per erede suo se l’aveva eletto. Riscrisse il duca al suo governatore ed al Conseglio che l’antica consuetudine del