Pagina:Bandello, Matteo – Le novelle, Vol. III, 1931 – BEIC 1973324.djvu/96

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PARTE SECONDA uno dei suoi rilevare e autenticata la mandò al Tomacello . Al quale questa parve una bella ed alta ventura e quanto seppe e puoté ne ringraziò il marchese, e cominciò spesso a visitarlo ed anco a mangiar seco. Ma per questo non venne perciò al signor marchese mai in pensiero di voler la moglie di lui rivedere o di ritoTnar a la prima impresa, anzi, come dianzi faceva, né piú né meno di lei si curava come se mai conosciuta non l’avesse. Dopo questo, cavalcando il duca di Calabria per la citta, un giorno dopo cena passò per innanzi a la casa del Tomacello, il quale con sua moglie era in porta a prender l’aria fresca de la sera. Avvenne al ora che il Ventimiglia ch’ era restato con un gentiluomo molto di dietro a la cavalcata e veniva passo passo ragionando con colui, che come egli fu quasi peT iscontro a la porta de la casa del Tomacello, egli, lasciata la moglie, a mezzo la strada s.i fece incontro al marchese e strettamente il pregò che con la compagnia volesse smontare e rifrescandosi ber un tratto. Il maTchese ringraziò il Tomacello e non volle accettar l’ invito, ma di lungo se ne passò, seguitando il duca. La donna alora, come se scordata si fosse il gran beneficio che poco avanti aveva suo marito dal manchese ricevuto, disse: - Che hai tu a fare, marito, mio, col marchese Ventimiglia, che si affettuosamente l’ hai invitato in casa? - Egli alora con turbato viso a la moglie rivolto: - Per l’anima di patremo- disse, io non credo che sia al mondo la piú ingrat a femina di te. Tu non sei buona se non da polirti, specchiarti e tutto ’l di cercar fogge nuove e staTtene sul tirato come se tu fussi prencipessa di Taranto, e sprezzar quanti uomini e donne sono in questa citta. Può egli essere che ti sia gia uscito di mente il gran piacere anzi beneficio che il marchese questi di n’ha fatto, che possiamo dire che egli ci abbia donato la maggior e meglior parte de le faculta che abbiamo? Se egli non era, non eravamo noi rovinati in terza gener azione? Certo noi siamo ubligati basciar la terra ov’egli tocca con i piedi. Io per me conosco essergli ubligat o de la v ita propria non che de la roba, e voglio che sempre possa di me e de la r oba mia disp orre come de le cose sue proprie. E possa io essere ucciso se al mondo conosco par suo, ché quando egli mai no n