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IL BANDELLO

al magnifico e dotto messer

FRANCESCO MARIA MOLZA

Non m è uscita né uscirá giá mai di mente la umanitá e cortesia vostra, Molza mio molto onorando, che voi, essendo io in Bologna, non m’avendo mai piú veduto, meco usaste. E veramente le carezze e le gratissime accoglienze che voi mi faceste mi vi resero di modo ubligato che io sempre ho detto e diconon esser in mio potere di sodisfarvi, e tanto meno per l’avvenire lo potrò io fare quanto che voi ogni di via piú obligo m’accrescete parlando di me, ove l’occasione v’occorre, tanto onoratamente che le lodi che voi mi date conosce ciascuno che sono da esser date non al merito mio ma a l’amor che mi portate, che tale mi predica qual vorrebbe o forse gli pare eh’ io sia. Ed avendo tra me deliberato di scrivervi qualche cosa, ho preso argomento dal ragionamento che in Bologna l’ultimo giorno che fummo insieme fu da noi fatto, quando assai lungamente disputammo se le donne che per prezzo son preste a far copia del corpo loro a chiunque le ricerca, ponno ardentemente amar un uomo particolare. L’openion vostra fu che si e la mia che no. Ma poi che ragioni assai furono da noi addutte, la questione restò indecisa, e tuttavia restammo amici, perché, come dice Aristotele, la varietá de le openioni non rompe l’amicizia. E certo a me sempre è paruto esser cosa difficile che una donna che a molti del corpo suo faccia piacere, possa fermamente e con grand’ardore amar un uomo, perciò che io credo che amandolo fuocosamente ad altri non si darebbe in preda. Crederò bene che sia assai piú facile che un uomo ami una cotal femina per la speranza che l’adesca di poterla piegare e renderla tutta sua. Ora un pietoso caso avvenuto nuovamente