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IL BANDELLO

a la molto magnifica e vertuosa signora la signora

IPPOLITA TORELLA E CASTIGLIONA

Egli non fu mai, signora mia osservandissima, ingegno cosi rintuzzato né uomo tanto materiale o si fieramente da melensaggine stordito che s’apre il petto ai raggi de l’amoroso fuoco, eh’ in breve tempo tutto non si tramuti e non divenga un altro da quello che era; perciò che l’amoroso focile gli apre gli occhi de la mente, lo desta, lo scuote e l’offoscato e adombrato ingegno in modo gli alluma e rischiara che subito il fa divenir avveduto, scaltrito e malizioso. Veduti se ne sono pur assai i quali prima che s’ innamorassero erano piú che morti, senza avvedimento, semplici e trascurati ne l’azioni loro, che poi accesi d’amore d’alcuna donna, senza uscir de l’albergo pare che siano stati a Bologna ad imparar senno e che partiti se ne siano a bocca chiusa, cosi fatti sono avvisti e prudenti. Onde quello che mille dottori non averebbero loro mai insegnato, Amore in un tratto gli mostra. Fui questo luglio passato da alcuni gentiluomini bresciani amici miei condotto a cenar a Montepiano, ove tanti rampolli sorgono d’acqua che per cento milia canaletti fanno dentro la cittá tante belle e fresche fontane. Quivi di queste forze d’Amore si cominciò a ragionare, e molte cose dicendosi e volendo ciascuno dimostrar quanto elle poderose siano, messer Gian Paolo Faitá, eccellente e soavissimo musico di compor canti, sonar d’ogni stromento e di molte altre doti ornato, narrò una novella che tutti ci fece ridere, e fu a proposito de le forze amorose e dei mirabili effetti che sanno fare. Essa novella

M. Bandello, Novelle - n.

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