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NOVELLA XLIX
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selvaggia e crudele che animo o discorso di creatura razionale.
Carlo Montanino non t’offese, che si sappia, già mai, né con¬
sente il diritto de la ragione che la colpa di cui egli non è
colpevole sia in lui castigata, ma purgare e punir si deve ne
la persona che l’ha commessa. Ora avendoti, Anseimo, la na¬
tura fatto gentiluomo di nobilissima e generosa stirpe, e la for¬
tuna dei suoi beni essendoti mostrata liberalissima, ché ricco
quanto altro che in Siena sia ti ha fatto, non voler a l’una e
a l’altra fare ingiuria e mostrarti loro di tanti doni da quelle
ricevuti ingrato. E se al mio conseglio che l’onore e bene tuo
ti persuade, t’atterrai, tu metterai da canto tutti i rispetti e farai
conoscer al mondo che quella che tu ami e le cose sue più a
core ti sono e vie più care che quanto oro avesse Mida o Crasso
già mai. — Avendo adunque Anseimo solo in camera fatti cotai
pensieri e il tutto maturamente discorso, deliberò non voler che
Carlo per mancamento di danari morisse; ed avvenissene ciò che
si volesse, conchiuse tra sé determinatamente di pagar la con-
dannagione del Montanino. Fatta questa deliberazione, apri una
sua cassa e trassene mille ducati d’oro, il cui valore assai più
valeva che non valevano i mille fiorini che pagar si devevano.
Era stato Anseimo buona pezza sui suoi pensieri, il perché es¬
sendo l’ora tarda, presi alquanti suoi servidori, se n’andò a
trovar il camerlingo che da la Signoria era stato deputato a
ricever i danari de le condannagioni fatte a beneficio de lo stato,
e trovatolo che ancora ne la camera del suo ufficio era, gli
disse: — Eccovi, camerlingo, che io qui v’ho recato mille du¬
cati d’oro, i quali Carlo di messer Tomaso Montanino vi fa
sborsare per pagamento de la sua condannagione. Numerateli
e dannate la sua ragione, facendomi la poliza che egli sia ri¬
lassato e rimesso ne la sua libertà. — Il camerlingo ricevuti
ed annoverati i mille ducati, voleva restituire il sopra più dei
mille fiorini d’Anseimo, ma egli noi sofferse. Onde il camer¬
lingo, acconcia la partita di Carlo, scrisse la cedula de la rilas-
sazione e la diede in mano al Salimbene. Anseimo avuta la
scritta la diede ad un suo famigliare, ed essendo già circa le
ventitré ore montò a cavallo e se ne ritornò in villa. Colui