Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/8

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NOVELLA XIII 5 nasciuto Maometto di madre cristiana, figliuola di Zorzo re de la Servia, che Amorato prese per moglie; ma perché i turchi prendeno più mogli, la madre di Tursino era di nazione turca. La quale col figliuolino morto in braccio al tiranno rivolta, poco la vita curando, audacemente disse: È questo il tuo fratello, o imperadore, che tuo padre morendo con tante lagrime ti raccomandò? A questo modo ti par ragionevole di macerar un innocente bambino? Con la morte del fratello vuoi, prima che tuo padre sia seppellito, dar principio al tuo imperio? Oh sce- leratezza nefaria e crudelissima e più che tirannica ! o ferina crudeltà! Dio come ti sostiene? Aspetta, aspetta, ché tu ancora la vita tua cosi finirai, e credilo a me che altra morte non sei per fare. —■ Dicendo queste e simili altre parole, la dolente madre cascò stramortita dinanzi ai piedi di Maometto. Egli comandò che la donna fosse rilevata, a la quale, essendo in sé rivenuta, tutto lieto e con ridente faccia cercava il dolor levare dicendo: — Madre mia, egli bisogna che voi abbiate pazienza e che con buon animo sopportiate la necessità, perciò che ciò eh’è fatto non può esser che fatto non sia. Sapete bene che de la casa nostra Ottomanna l’antica costuma è che ne la creazione del nuovo prencipe tutti i maschi del sangue ottomanno soiTocare si sogliono, a ciò eh’un solo senza competitore resti signore, ché secondo eh’in cielo è uno Dio solo, cosi conviene che in questo nostro imperio sia solamente un imperadore. Perciò vi essorto e prego a rasciugar le lagrime e star di buona voglia, ché in luogo del morto Tursino vi sarò sempre ubidiente figliuolo. — E per meglio consolarla le soggiunse che ella domandasse ciò che voleva, perché mai non patiria repulsa di cosa che chiedesse, quantunque fosse grandissima. La donna di passione e d’ira ardendo ed altro non bramando che poter in parte vendicar la morte de l’innocente figliuolo, cosi gli rispose: — Signore, se tu vuoi che io ti creda ciò che mi dici, dammi in poter mio questo scelerato micidiale Mosè, ch’io ne faccia ciò che più m’aggradirà. — A pena ebbe la sua domanda la donna compita, che il perfidissimo tiranno comandò che a Mosè fosser legate le mani e i piedi e dato in poter de la donna, non avendo