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LETTERA SETTIMA

di Goffredo Franzini all’avvocato Iacopo Duranti

[D el lazzaretto e del molo di Ancona.]

Io non so, signor avvocato, se nella scorsa che deste giá per l’Italia voi v’abbiate veduta questa provincia chiamata la marca d’Ancona, bella ugualmente che l’altra chiamata la marca trivigiana. Ma, che l’abbiate veduta o non veduta, il molo e il lazzaretto di questa cittá d’Ancona io so che non li avete potuti vedere per la buona ragione che non erano allora né manco incominciati; sicché, non mi trovando altro pretesto onde scrivervi una lettera e volendovi scrivere ad ogni modo, e’ m’è tócco il ticchio di farvi una poca di descrizione di quel lazzaretto e di quel molo, vogliate o non vogliate. Voi avete dunque a sapere come il lazzaretto d’Ancona è un edifizio di forma pentagona, che contiene una moltitudine di stanze su due piani, oltre a ventotto magazzini assai ampli, ne’ quali si depongono tutte le derrate che si sbarcano dalle navi sospette di peste. Quelle stanze e que’ magazzini corrono intorno ad una vasta piazza, la quale ha nel suo centro una cappella molto vaga e tanto ben disposta che, quando il prete vi celebra la messa, tutti gli abitanti di quelle stanze possono sentirla, se fosson anco turchi, perché tutti possono da ciascuna rispettiva finestra vedere il prete e l’altare. Un ponte di pietra riunisce il lazzaretto alla terra. Quel lazzaretto è situato nell’acqua del porto; e guai che chi v’è dentro per fare la quarantena o la contumacia procacciasse uscirne di straforo, a nuoto o in qualche barchetta o per quel ponte, e venisse preso dalle guardie! tre contr’uno che ne sarebbe rimunerato colla forca, e per somma grazia con solo la galera perpetua. Comeché quel lazzaretto sia una delle tante cose cospicue, di cui la nostra contrada ha in ogni sua parte maggior copia