Pagina:Baretti - Prefazioni e polemiche.djvu/67

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Ili Al conte GIOSEFFO ANTON-MARIA DEL VILLARS CARROCIO torinese IL BARETTI Io vi ringrazio, signor conte mio caro, io vi ringrazio assai assai di quelle tante lodi che voi date alla mia traduzion di Cornelio, e a quelle due, non so se io mi dica lettere o cicalamenti, da me posti in fronte al primo ed al secondo tomo della medesima traduzion mia. Né aspettate che io voglia dirvi che io di quelle lodi non son meritevole, o veramente che lo affetto vostro per me fa velo al vostro giudizio, o simili altre ciancie; che anzi quelle lodi io me le beo come vin dolce, e fo ’1 conto che m’abbiano a rifare dall’amarezza di quelle tante critiche che da molti si son fatte e si vanno tuttavia facendo, e qui in Venezia ed altrove, per quanto mi viene scritto, alla traduzione ed alle due prefate lettere. Oh se sapeste quanti e quanti, che si credono saputi in lingua toscana ed in lingua francese, e che da se medesimi si spacciano per valorosi in prosa e in verso, mi vanno tuttodì lacerando! Chi dice che la mia traduzione non è fedele, chi la trova stentata, chi diseguale, chi fredda, chi ’1 morbo che lo colga. Altri si scaglia sulle lettere e grida che io sono un prosuntuoso, perché voglio in troppo giovenile età e, quel ch’è peggio, senza saper punto di greco e con poco di latino in corpo, farmi a dettar leggi, ed anzi magistralmente prescriverle sul fatto del comporre tragedie e commedie, e prescriverle contrarie affatto affatto alle prescritteci da tanti maiuscoli saccentoni. Ma gracchino pure costoro, gracchino pure a lor posta, che io non li curo un fico quanti e’ sono,