Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/152

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E già s’intende che egli, per andare in casa Salvani, aspettò che Lorenzo non ci fosse; di guisa che gli venne fatto avere un primo colloquio con la bella Maria. E dopo il primo venne il secondo, il terzo e via discorrendo, perchè Lorenzo Salvani aspettava una certa somma di denaro, la quale non giungeva mai. Arturo dal canto suo non incalzava, contentandosi di spesseggiar colle visite. Maria non poteva lagnarsi dei modi riguardosi del padrone di casa, e in quanto alle occhiate, fingeva di non addarsene punto.

Il trimestre, che s’aveva a pagare anticipato, cominciava dal primo di aprile; ma tra questi indugi s’era giunti alla fine di maggio; laonde, se si aspettava ancora un po’, c’era l’altro trimestre da mettergli accanto.

Lorenzo vedeva benissimo tutto l’orrore del suo stato; ma che farci? Egli era al lumicino. Aspettava certi denari da un tale che era debitore di suo padre, ma che faceva orecchi da mercante. Per colmo di sventura, da due mesi gli si era inaridita quella scarsa vena di guadagno che egli ritraeva dal bottegaio, a cui teneva i libri. Una sera, andando dal suo Creso per la consueta bisogna, il povero giovine aveva ricevuto il suo congedo.

- Perchè? non siete voi contento di me? - aveva egli chiesto al paffuto salsamentario.

- Dio guardi! - aveva risposto costui. - Mio nipote, che sa l’aritmetica, ha detto che va tutto a puntino, ed io poi non ho a lagnarmi di Lei. Ma che vuole? Mia sorella è vedova con tre ragazzi, e non ha chi le dia da vivere. Ella mi ha tanto pregato di pigliarmi il suo primogenito in bottega, che io non ho potuto dirle di no. Il sangue non è acqua! Il ragazzo è di buon’indole; sa il fatto suo, come ho detto, ed io, tenendolo qui in bottega, faccio, come suol dirsi, un viaggio e due servizi. -

Non era punto vero quello che il paffuto salsamentario diceva a Lorenzo con tanto candore, e il nostro giovinetto non poteva indovinare che sotto quel melato discorso ci fosse un tiro dell’uomo vestito di nero, dell’amico di Ernesto Collini. Giunto a trapelare la faccenda di quella tenuta di libri, lo scaltro Bonaventura aveva fatto dire al bottegaio non esser dicevole che egli tenesse a fargli i conti quel giovane, il quale aveva mano in certi garbugli politici, con quella gente che voleva rovesciare il governo, arruffare la cosa pubblica e dar di piglio nella roba altrui; però badasse egli alle cose sue e non si ostinasse a tenerlo presso di sè, che gliene sarebbe potuto derivare gran danno.