Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/158

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Da questo assennatissimo discorso dell’amico Assereto, fu incalzato Lorenzo a proseguire il suo dramma. Ci s’era messo attorno di lena. Ne aveva cavate le ragioni filosofiche dal profondo dell’anima, e lo andava scrivendo, stiamo per dire, con le sue lagrime.

Un capo comico suo conoscente, al quale egli si era aperto del suo disegno, lo aveva confortato a tirare innanzi, promettendogli che se il lavoro gli fosse andato a’ versi, della qual cosa non era a dubitar punto, egli lo avrebbe pagato secondo il poter suo.

Per farla breve, il dramma di Lorenzo in due settimane fu condotto a termine, e soltanto gli mancavano alcune ripuliture qua e là.

L’Assereto aveva letto ed ammirato, ed era anche contento del titolo: Una corona di spine.

Ma non era altrimenti contento l’autore; o, per meglio dire, a volte partecipava al giudizio dell’amico, a volte pensava di aver fatto una sconciatura.

Allora ridiventava cupo ed uggioso; e l’ombra mortifera del suo umor nero intristiva tutt’intorno i germogli della speranza. Allora la gloria, l’amore, e tutto ciò che abbellisce la vita, gli si offeriva sotto le più tristi immagini, e lo assaliva come un arcano desiderio che quella rivolta preparata dagli amici suoi, della quale egli non si riprometteva nulla di bene, si facesse presto, affinchè una buona schioppettata lo mandasse là, dove tutto finisce, dove non si è seguitati da fastidiosi pensieri.

Lorenzo era in uno di que’ momenti di sconforto, mentre, dopo aver dato l’ultima mano al suo dramma, si disponeva a mandare il manoscritto al capocomico.

Lo aveva suggellato in fretta, quasi per non averselo a vedere più oltre davanti agli occhi, e ci scriveva il ricapito sulla sopraccarta, per ispedirlo al banco delle Messaggerie.

- Perchè non lo date ad una compagnia che lo reciti qui in Genova? - gli chiese Maria, che lo aveva aiutato a legare e suggellare l’involto. - Mi avete pur detto che ce n’è una delle buone.

- Sì, ma non conosco affatto il capocomico. E poi, vedete, se il lavoro piacerà fuori, sarà meglio.

- Ah già! Nemo propheta in patria.

- Per l’appunto, ed io non voglio farne su me l’esperienza. Il Bonaldi, col quale ho una certa dimestichezza, mi ha scritto che se il dramma gli va a’ versi, lo paga; e questo è l’essenziale. A Genova egli verrà sul finir dell’autunno,