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lunghi capelli biondi, mostravano a prima giunta il pensatore; e il pensatore a quell’età non poteva essere se non un poeta.
- Sei tu, amico? - disse il maggiore, muovendo incontro al nuovo venuto. - Eccoti mio figlio, per l’appunto, Lorenzo Salvani: un tuo concittadino, il quale, scommetto, sa tutti i tuoi canti a memoria.
- Bello, e animoso, in verità! - soggiunse quell’altro. - Ed è probabilmente lui, che ha tradotta la Marsigliese.
- L’hai dunque udito?
- Sì, mentre salivo da te. Sentendo il canto famoso in parole italiane, mi sono fermato sul pianerottolo, per non interrompere. È molto difficile voltare quell’inno nella lingua nostra, senza mettersi in guerra dichiarata colla musica. C’è sopra tutto la prosodia del quinto verso e del settimo, che non si acconcia abbastanza al ritmo italiano. Io però mi rallegro con voi, signor Lorenzo Salvani. E a proposito, l’ultima strofa non ce l’avete mica fatta sentire. Sapete bene che la Marsigliese ha un’ultima, ultimissima strofa, dove sono i fanciulli che cantano, come negli inni di Tirteo; Nous entrerons dans la carrière....
- Ah sì, dite benissimo; - replicò il giovinetto; - e questi sono i versi che stanno meglio sulle labbra d’un ragazzo par mio. Infatti, ho tradotto anche questi:
- Noi verremo secondi a riscossa,
- Che i maggior non saranno già più;
- Ma là sparse sarannovi l’ossa,
- Ad esempio d’antica virtù.
- A quelli eroi - sopravvivendo,
- O con essi caduti sul pian,
- - «Hanno voluto» tutti diran
- «Vendicarli, o seguirli morendo».
- All’armi, cittadini
- Stretti a drappel moviam!
- Corriam, d’un sangue vil
- Que’ solchi abbeveriam!
- Voi non dimostrate di voler aspettare che noi siamo morti, - disse l’altro, quando Lorenzo ebbe finito di cantare, - perchè venite animoso a mettervi in riga con noi. Da bravo, imitate vostro padre; e così possano somigliarvi coloro che ci dovranno vendicare, quando saremo caduti. -
Parole che arieggiavano il pronostico! Un mese dopo, quel giovine pensoso doveva cader ferito alla Villa Corsini, e non morire nemmeno sul campo di battaglia, ma sul letto di un ospedale, tra gli spasimi della gangrena, e le palle di