Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/195

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E fin qui non sarebbe stato gran male, se il cuore della contessa avesse durato nell’antico affetto. Ma il peggio si fu che le gelose smanie del povero Lorenzo non fruttarono altro che qualche sorriso di più al conte palatino.

Costui l’aveva ammaliata col suo sfarzo, co’ suoi diamanti, colle sue nuvole indiane, col suo parlare alla spiccia di tutte le parti del mondo, col suo usar dimesticamente con tutti i gran signori forestieri. Non c’era infatti milordo inglese, o principe russo, o barone tedesco, il quale venisse a Genova e non fosse, un giorno dopo il suo arrivo, il fido Acate del conte Alerami. Tutti parlavano di lui, dei suoi modi eletti, de’ suoi diamanti che venivano direttamente da Golconda, del suo cavallo arabo che era dono del pascià d’Egitto, ed era della razza medesima del cavallo di Maometto. Egli sapeva dir cose gentili alle signore; perdeva allegramente il suo denaro ad una tavola di whist o d’altro giuoco signorile; nessuna meraviglia adunque che fosse lodato e accarezzato da tutti. Che più? Era stato ammesso nelle case più ragguardevoli, dopo che la vecchia marchesa Jolanda Pedralbes, detta più comunemente Violante, la quale nasceva dai Monrion de Saint-Hubert, prima nobiltà francese, e che era schizzinosa anzi che no nel fatto delle sue attinenze, gli era andata a braccetto nella prima festa invernale in casa Torre Vivaldi, e lo accoglieva nella ristretta cerchia de’ suoi visitatori, tutta gente la cui nobiltà scendeva in linea non interrotta dai superstiti del diluvio universale.

Il bel cavaliere che tutti di qua e di là si strappavano, non aveva occhi se non per la contessa Cisneri, e la corteggiava con tutte le formalità prescritte dal codice della galanteria. Ciò solleticava l’amor proprio della signora, ed era per lei una rivincita su tutte le nuove bellezze che erano venute a sopraffarla, inspirandole quel tedio della vita che i nostri lettori hanno veduto a suo luogo, e che ella aveva combattuto coll’amore del giovine Salvani.

Ma il tedio era sparito, dopo le prime visite del conte Alerami. La contessa Cisneri moriva dal desiderio di farsi scorgere in trionfo, bella della sua nuova conquista, e l’unico tedio che ancora sentisse era quello del povero giovine, il quale era innamorato più che mai, nè voleva capire che il suo regno era finito.

Le cose erano dunque a questo segno. L’amante di casa, o per dir meglio il tiranno, era tuttavia Lorenzo Salvani. L’amante di fuori, il cavalier servente, quello per cui si