Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/222

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a far pensare e sospirare il riguardante. A compiere l’acconciatura di quella testa perfettamente ovale, si aggiunga una corona di fiori di lilla, bianchi e violacei, lavoro della Nattier, quella parigina che, in materia di fiori, poteva dare dei punti alla madre natura. Parecchi diamanti alternati con amatiste si attorcigliavano a quella corona di fiori, e tremolando scintillavano, mettevano baleni intorno alla testa divina.

I fiori di lilla bianchi e violacei, i diamanti e le amatiste, erano in rispondenza coi due colori del vestimento della marchesa Ginevra. La bellissima donna indossava un’ampia veste di raso color di lilla tenero, e una sopravveste di merletto finissimo, sopravveste da duchessa, se pure è vero che le duchesse vestano più sfarzosamente delle altre donne.

A’ dì nostri, infatti, tutte le signore, a marcio dispetto della legge suntuaria che temperava il lusso delle dame romane, fanno uno sfoggio di abbigliature, che costano un occhio del capo ai mariti, e per mostrarsi attillate agli occhi degli altri, farebbero, stiamo per dire, carte false. Affrettiamoci tuttavia a soggiungere che non tutte, anco se avessero potuto fare carte false, e spacciarne, sarebbero venute a capo di portare una sopravveste come quella della marchesa Ginevra. Era di merletto, ma di quel tal merletto antico che chiamano punto di Venezia, lavorato sottilmente a rilievi di fiori a rabeschi, con lo stemma dei Vivaldi ripetuto più volte sui lembi; la qual cosa significava che quella veste, a cui si poteva dare il prezzo di forse dugentomila lire, era stata trapunta a bella posta per una dama di quella casata.

Rialzata un tratto in due punti sul dinanzi, quella sopravveste faceva uno sgonfio, fermato sugli angoli da mazzolini di fiori di lilla bianchi e violacei, con una rosetta di diamanti nel mezzo. Un mazzolino somigliante, acconciamente posto su d’un cappio di merletto, ornava le due attaccature della vita al sommo delle braccia, donde si dipartivano larghe striscie dello stesso merletto, correndo intorno alle spalle e giungendo poi sul dinanzi a chiudersi sotto un largo fermaglio, o pettorina di filo d’oro, reticolato a rabeschi, che si adattava al garbo del seno e dei fianchi. Abbiamo detto filo d’oro, ma il filo non si vedeva, non essendo altro che la nascosta armatura di un fitto di diamanti d’ogni misura, disposti in modo da raffigurar rose e foglie, che amorosamente s’inerpicassero intorno al petto della signora. Questa immagine ci pare a gran pezza più acconcia di quell’altra che mise fuori il marchese De’ Carli, allorquando, veduto il fermaglio della Ginevra, lo disse una corazza adamantina.