Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/251

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Aloise, io ti compiango. È una sirena, costei, che ne ha già adescati di molti, quantunque senza volerlo, e soprattutto senza curarsene più che tanto. Non è una lusinghiera, e guai a chi togliesse i suoi sorrisi, le sue cortesi parole, per una dolce promessa, o per un invito a farsi avanti. Ella è più facilmente da paragonarsi ad una di quelle fortezze, cinte tutt’intorno di verzura, che ti sembra di poter salire dolcemente fino alle cannoniere; ma non è che un errore di prospettiva, e giunto sul ciglione dello spaldo, trovi quaranta metri di fosso, a dir poco. Però mi duole di te, Aloise, mi duole di te, che, vedutala appena, hai perduto il cervello.

- No, Enrico; t’inganni! - rispose finalmente, con accento malinconico, Aloise di Montalto; - non è stato un errore di prospettiva, come tu dici, nè fresco di questa sera, il mio! Già da lunga pezza ero preso.

- E da quando, ch’io non ne ho saputo mai nulla?

- Da sei anni. -

Aloise non poteva più nascondere cosa alcuna al Pietrasanta, poichè questi aveva indovinata la cagione del suo dolore. Nè il Pietrasanta era di quei tali amici da dozzina, i quali non sono degni che si confidi loro un segreto. Innocente segreto, alla perfine, quello di Aloise, che amava Ginevra da sei anni, e le si avvicinava quella sera per la prima volta.

- Da sei anni? e come mai? - esclamò stupefatto il Pietrasanta. - Appunto da sei anni è maritata.

- Sì; - rispose Aloise; - e il tuo povero amico è da quel tempo innamorato. L’ho amata fin dal primo giorno che l’ho veduta. Destino! Vederla e sentir la ferita nel cuore, fu un punto solo. Da quel giorno ho imparato a tacere, a tener segreti i miei patimenti. Credi tu forse, Enrico, che non mi avesse a dolere di nasconderli a te, al migliore de’ miei amici? Dapprima sperai che fosse una cosa da nulla, una passioncella fugace, come tante altre che ti colgono a diciott’anni, e, dopo aver chiuso gli occhi piangendo, ti svegli un bel mattino risanato del tutto. Ma che? era in quella vece un amore sterminato, che vinceva il tempo e la lontananza, e, tacente per lunga pezza nel profondo del cuore, si rifaceva più forte al ricomparire di quella divina bellezza; un amore, insomma, che io, pauroso, ho tentato di spegnere nella solitudine, che tuttavia si è nutrito di sè medesimo, ed è cresciuto tanto da soggiogarmi.

- Ed ella?