Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/357

Da Wikisource.


In quel mentre, capitava sull’uscio dello studio il Pietrasanta, già vestito a mezzo, anzi per due terzi, poichè aveva già fatto il nodo della cravatta, opera capitale nella acconciatura d’uno zerbinotto par suo.

- Così presto? - chiese Lorenzo.

- O che, credete ch’io non sappia fare alla svelta, quando occorre? Son venuto in maniche di camicia, temendo che aveste già finito da un pezzo e vi annoiaste ad attendermi.

- No; appunto ora ho finito di scrivere.

- Tanto meglio. Venite dunque; metto la corazza, il sorcotto, e il cimiero, e sono ai vostri comandi. -

La corazza era il panciotto, come i lettori avranno già indovinato; il sorcotto era una attillata giacca di velluto; il cimiero un cappellino di paglia, fasciato d’una larga fettuccia nera, i cui capi pendevano svolazzanti fuor della tesa, ma non tanto da nascondere la discriminatura delle chiome, che scendeva diritta e sottile fino al basso della nuca.

Come si fu vestito di tutto punto, prese dalle mani del servitore la sua mazzetta di giunco indiano, col pomo d’argento, e il fazzoletto imbevuto d’acque odorose; quindi dalle mani dell’amico la lettera, che ripose accuratamente nel portafoglio, ed ambedue uscirono sulle scale.

Giù nel portico era già la carrozza ad attendere, col suo cocchiere gallonato a cassetta, collo staffiere allo smontatoio, e una coppia di cavalli rovani che scalpitavano, aspettando il segnale del loro automedonte.

- A rivederci, dunque, se non venite anche voi per un tratto di strada con me.

- No, debbo scendere verso Banchi; a rivederci, e grazie!

- Che! che! faccio un po’ di moto. A stasera, Salvani.

- Stasera! - ripetè macchinalmente Lorenzo. E fatto un ultimo saluto all’amico, se ne andò pedestre verso una delle strade inferiori della città.

- Eccellenza, dove si va? - chiese lo staffiere che era salito a cassetta, daccanto al cocchiere.

- Veh che bestia! Io, s’intende, non tu! A Quinto, villa Vivaldi; e di buon trotto! -