Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/37

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era verso di potersi accompagnare. Eglino del resto andavano sempre a diporto per istrane vie, a guisa di chi va per le sue faccende. Le strade Nuove e l’Acquasola, ritrovo di gente sollazzevole, non vedevano quella coppia fraterna se non molto di rado, e sempre di passata.

Abbiam dunque detto che la visita del signore sconosciuto aveva fatto maravigliar la fanciulla. Lorenzo, dopo quella visita, era uscito in fretta, senza dirle nulla; ed era questa una grossa novità. Era tornato due ore dopo, e si era seduto al suo tavolino, senza andare neanco a salutarla. Che voleva dir ciò?

Non istette molto a saperlo. Un’ora dopo il ritorno del fratello (il lettore ha già inteso perchè usiamo chiamarli alla breve fratello e sorella), Maria si spiccò dal suo lavoro, per andare sul terrazzo a respirare un po’ d’aria; chè la giornata, come abbiamo già detto, era bellissima, e tiepida, a malgrado della stagione.

Nel salire la scala, udì Michele, che era nella sua cameretta sotto il tetto e canterellava una sua prediletta romanza spagnuola:

Mis ojos te vieron
Rosaura querida;
Mortal fuè la herida
De mi corazon.

Michele cantava sempre spagnuolo, con quel suo accento americano che fa rabbrividire ogni buon cittadino della Castilla vieja. Ma egli non si curava più che tanto della purezza dell’accento, e tirava innanzi. Dopo la canzoncina di Rosaura, veniva quell’altra:

Pescadorcita mia
Desciende à la ribera,
Y escucha placentera
Mi cantico de amor;
Sentado en su barquilla,
Te canta su cuidado,
Cual nunca enamorado
Tu tierno pescador.

Il veterano di Montevideo ne aveva un centinaio, di queste canzoni, e quando lavorava attorno a qualche cosa, le sciorinava tutte, una dopo l’altra, con una costanza mirabile.