Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/43

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- Oh, in quanto a quelli, guardali là in capo alla strada.

- E chi ti dice che non sia invece la carrozza del Collini?

- Vuoi scommettere?

- No, Assereto; non scommetto mai. Spero che quella sia la carrozza del Collini, e non mi curo del rimanente.

- Ed io ti dico che sono gli altri.

- Vedremo.

- Sta bene, vedremo. Ma intanto, se egli non viene, che cosa si fa?

- E che cosa vorresti fare? - chiese Lorenzo. - Già, credilo, il Collini non istarà molto a giungere, e quasi mi pare di fargli villania a darti retta. Ma, dato e non concesso, come dici tu, con eleganza curiale, che egli non venisse, la cosa è chiara come un’operazione aritmetica. Si va sul terreno, e si fa testimonianza dell’accaduto.

- Profferendosi prima ai comandi della parte avversaria, - interruppe l’Assereto.

- S’intende; ma è anche debito di gentiluomini rifiutare la generosa offerta; e i poveri padrini di un vigliacco se le vanno a capo chino e con la coda tra le gambe, come cani bastonati.

- Convieni che sarebbe una brutta cosa....

- È verissimo; ma che vorresti tu farci? A certi malanni che capitano tra capo e collo non c’è rimedio che tenga. Ma ecco la carrozza che gira il gomito della salita.

- Ahimè! - esclamò l’Assereto. - Siccome io sono certo che ella porta nel suo grembo i nemici, come il famoso cavallo di Troia, ti propongo di ritirarci nella scaletta, perchè non ci abbiano a vedere in questa disgraziata postura.

- E che c’è di strano, - rispose Lorenzo, - che noi stiamo qui aspettando il Collini? Noi non dobbiamo rendere ad essi altro conto che di una assenza sul terreno, all’ora prefissa. Del resto, ci avranno già veduti. -

Intanto che questo dialogo si proseguiva tra i due, la carrozza, girato il gomito della strada, veniva al trotto verso il ciglio della collina. I due amici si fecero per moto naturale a guardarla, e per la portiera, che era aperta, videro il Montalto co’ suoi padrini e il chirurgo.

Quei della vettura e quei della strada si scambiarono il saluto con molta freddezza. A Lorenzo il sorriso del marchese di Montalto parve altiero anzi che no. Tuttavia non volle dirne nulla all’Assereto, di cui temeva i commenti sarcastici. Ma all’Assereto non era sfuggito quel sorriso, e siccome egli nella furia del suo malumore non perdonava a nessuna cosa, si affrettò a dire: