Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/324

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da qualche tempo Aloise dava del tu al duca di Feira, chiamandolo ancora col dolce nome di padre) - hai notato come il dottor Giuliani parli spesso e volentieri in latino? Può forse annoiare tanti altri, non me. Mi pare, sentendolo infiorare i suoi discorsi di tante citazioni, buttate anche là con un tono di celia, che le cose della vita moderna, della vita comune, prendano colore e sapore d’antico, quasi di eroico, e insieme di universale. Quel po’ di celia che v’aggiunge, come un pizzico di sale, tempera tutto; e di ciò che potrebbe parere un difetto a qualcuno, te ne fa una qualità; che so io? una cosa gradevole. Io gli invidio quest’arte. Perchè, infine, ci è data la parola? Per dire soltanto delle volgarità e delle sciocchezze, lasciando che un po’ di dottrina si spenda soltanto nelle conversazioni noiose dei pedanti? Ah, vorrei qui il Giuliani; e che ci parlasse di Elena! Ne sentiremmo di belle!

- M’immagino che la difenderebbe; - disse il duca di Feira. - È tanto cavaliere quanto è originale.

- Eh, credo bene che avremmo un panegirico; - ripigliò Aloise, fermandosi volentieri su quel tema. - Una buona ragione per farlo, la troverebbe di certo. La cagione di tanti guai non fa più nessun male ad anima viva, mentre l’immagine sua può ancora alimentare molte fantasie di poeti e di artisti. Le morte bellezze non fan più soffrire nessuno; possono consolare, artisticamente evocate, in un poema, in una statua, in un quadro. Che follìa, del resto, il soffrire per quelle nobili matte! Non val meglio ammirarle, per ciò che in esse è stato, ed è tuttavia, di veramente divino? Per restar tra le antiche, Frine era un mostro di corruttela, senza dubbio; il suo nome istesso, che era poi un soprannome, datole quasi per marchio d’infamia dai suoi contemporanei, lo dice. Frine, rospo! Ma che importa ciò? Frine è un miracolo di bellezza; e Prassitele copia appuntino quella perfezione di forme; e quei di Gnido la mettono sull’altare, per rappresentarvi Afrodite. La bellezza, quando è sovrana, va trattata così; adorata, come usarono i Greci, ma facendone un marmo. Sapienti, i Greci; e noi sciocchi, non ti pare? -

Il duca di Feira assentiva, sorridendo.

- Ed anche cattivi; - soggiunse Aloise, - perchè troppo spesso consideriamo le belle col criterio della nostra passione, del nostro egoismo, che è così spesso un insulto alla legge morale.

- Ah, qui ti sento anche più volentieri; - disse il duca, esultante.