Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/52

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rità! — rispose la Giulia, fingendo lo sdegno. — Ma via, signor Pietrasanta, raccontate la storia del vostro Percivalle; la Corte d’amore, qui sedente, vi giudicherà. —

Così posto alle strette, Enrico incominciò il suo racconto ai maravigliati uditori. Ma la più gran meraviglia era quella di Aloise, il quale ben sapeva come il Medio Evo non fosse il forte dell’amico Pietrasanta. Che diamine racconterà egli? chiedeva Aloise tra sè. Certo, Enrico ha le sue gravi ragioni, per mettersi in questo garbuglio!

Frattanto, come abbiam detto, Enrico Pietrasanta prendeva il largo.

— Percivalle Doria, — incominciò egli, — fu buon poeta provenzale, come i suoi due concittadini Lanfranco Cigàla e Folchetto, che molti s’ostinano, contro l’autorità del Petrarca, a reputar marsigliese. Io spero che la gravità di questo esordio mi concilierà l’attenzione della nobilissima udienza.

— Contaci su! — rispose il Cigàla, discendente di Lanfranco.

— Grazie! — ripigliò il Pietrasanta. — Ora, perchè il mio eroe si allontanasse da casa e di cittadino genovese diventasse trovator provenzale, non saprei raccontarvi. Ben so che uscì giovanissimo dalla terra natale, e andò alla corte del re di Francia, Odoacre.... cioè, Faramondo.... anzi no. Luigi Filippo.... Insomma, il nome non mette conto saperlo.

— Lasciamo stare il nome del re; — disse Ginevra ridendo, — ma almeno diteci il secolo, per non farci correre su e giù, quanto è lunga, la storia di Francia.

— Il secolo, signora? Avete ragione! Percivalle Doria fiorì (notate la bellezza del verbo) nel secolo decimoterzo, o giù di lì.

— Sta bene; e adesso, proseguite!

— Proseguo. Percivalle Doria era alla corte del re di Francia.....

— Odoacre! — notò sarcasticamente la marchesa Giulia.

— No, Alboino! — rispose il Pietrasanta, sul medesimo tono. — Adesso me ne ricordo; era proprio Alboino. Or bene, il mio Percivalle era un fior di cavaliere, sebbene non credesse all’amore, nè ad altre cose parecchie.

— Era un miscredente, adunque? — dimandò Ginevra.

— No: era un uomo che conosceva il mondò e amava la vita, senza concederle una soverchia importanza. E non istate a credere che avesse patito gravi disinganni, perchè era giovine, e la fortuna gli era sempre stata propizia. Ma egli, più felice di tanti e tanti, i quali non acquistano l’esperienza