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90 la lotta a oslavia


Verso la sera del 14 il bombardamento austriaco cessò. La notte discese chiara, fredda e calma; sorse la luna, e nel suo azzurro chiarore i soldati lavorarono a rafforzare le trincee devastate. La tregua fu breve. Alle otto il cannoneggiamento ricominciò, più serrato, furibondo, con una violenza definitiva. La vallata, con le sue gibbosità, con i suoi costoni brulli, con le sue tetre ondulazioni, s’illuminava tutta, sinistra e imponente, in un palpitare di lampeggiamenti, in un balenìo violastro e fumigante, piena del tremolìo di fantastiche luci. Poi, improvvisamente, silenzio.

Erano le nove e mezza. Trascorsero alcuni minuti, lenti, grevi di attesa, e la fucileria scrosciò.

La linea delle posizioni si disegnò a poco a poco con uno scintillìo fitto di colpi. Segnali luminosi sprizzavano dalle nostre trincee, lanciando in aria vivide fiammelle azzurre e rosse, e i razzi illuminanti del nemico salivano lenti e dritti nel cielo sereno, con la loro lieve coda sottile di faville, per accendere in alto delle candide abbaglianti meteore, che spandevano per lunghi secondi sulla terra la calma luminosità di un crepuscolo e lasciavano, estinguendosi, un punto di bragia oscillante fra le stelle. Pareva che frugassero per tutto, quelle luci sorprendenti, sotto alle quali ogni cosa proiettava un’ombra lunga, netta e instabile.

Si distinguevano sul fragore uniforme dei